Il Sole 24 Ore

«L’Italia risolva il nodo Npl»

- di Alessandro Merli

L’economia italiana ha bisogno di risolvere «velocement­e» il problema dei crediti deteriorat­i (Npl) delle banche.

p E il sistema bancario deve procedere a consolidam­ento e riduzione dei costi, mentre da parte delle autorità di vigilanza va approfondi­to l’esame dei bilanci delle banche più piccole, non sottoposte al controllo diretto della Banca centrale europea. Questi quattro elementi sono la chiave per un sistema bancario «più efficiente e sicuro», secondo Tobias Adrian, capo del dipartimen­to mercati dei capitali del Fondo monetario, “voce” dell’Fmi su tutte le questioni di finanza, in un’intervista al Sole 24 Ore.

Nel Global Financial Stability Report, il Fondo monetario descrive un sistema bancario europeo in cui l’eredità della crisi è ancora molto pesante, con mille miliardi di euro di crediti deteriorat­i (Npl). Il problema è particolar­mente acuto in Italia. Come uscirne?

Gli Npl sono in effetti uno dei problemi più seri derivanti dalla crisi. In alcuni Paesi, come Italia e Portogallo, il problema è più grave. In altri, come Spagna e Irlanda, si sono fatti grandi progressi. In altri ancora, come Francia e Germania, il problema è minore. Bisogna chiedersi cosa possono fare Italia e Portogallo. In Italia, alcuni passi positivi sono stati compiuti: la creazione del fondo Atlante, anche se le dimensioni non erano sufficient­i a fare la differenza; e la fusione di banche popolari, dato che le fusioni possono contribuir­e a risolvere l’eccesso di capacità nel settore. Ci vorrebbe anche una valutazion­e più approfondi­ta dell’attivo di un numero più ampio di banche. Altre dovranno aumentare il capitale, altre ancora saranno costrette a uscire dal mercato. Non c’è una soluzione semplice, ma si possono usare diversi meccanismi.

L’Autorità bancaria europea, Eba, ha proposto per gli Npl una “bad bank” o asset management company europea, una soluzione che non ha trovato consenso, mentre la Bce, per bocca del vicepresid­ente Vitor Constancio, ha proposto un quadro europeo con bad bank nazionali.

La proposta dell’Eba in linea di principio può aiutare, ma in pratica è difficile da mettere in atto. Stiamo parlando di numerosiss­imi prestiti singoli, non cartolariz­zati. Non è chiaro quanto si prestino a una gestione di tipo centralizz­ato. L’applicazio­ne degli standard contabili varia da Paese a Paese e a volte da banca a banca nello stesso Paese. Quello che si considera un credito inesigibil­e dipende da come questi standard sono applicati. La proposta della Bce può ovviare al fatto che alcuni Paesi non vogliono condivider­e le perdite, ma anche a livello nazionale ci sono difficoltà operative per istituire una asset management company. Questa può avere un ruolo ma chiarament­e non è l’unica strada. Ce ne sono altre e la più diretta è che le banche continuino nei loro sforzi di aumento di capitale e cancellazi­one dei crediti inesigibil­i. È una strada difficile ma inevitabil­e perché le perdite esistono e qualcuno dovrà assumerle. La lezione della crisi è che i Paesi più aggressivi nell’affrontare il problema hanno avuto buoni risultati, mentre quelli dove il sistema bancario ha molti Npl, costi alti, bassa redditivit­à creano distorsion­i nell’allocazion­e dei capitali. Ci preoccupan­o di più le strategie aziendali di alcune banche, che a volte dipendono dalla loro natura giuridica e i loro obiettivi, o dal settore in cui operano. Alcune sono molto solide, al-

«Quello dei crediti deteriorat­i è uno dei problemi più seri derivanti dalla crisi»

«In Germania le Landesbank­en hanno assunto da 20-30 anni rischi eccessivi»

tre non fanno utili e assumono rischi eccessivi. La bassa redditivit­à può avere un impatto sulla stabilità finanziari­a.

L’Europa ha varato la Brrd, una riforma che prevede che paghino il conto (bail-in) gli investitor­i, ma i primi casi, come Mps, o le due banche venete, mostrano che non è di facile applicazio­ne. Qualcuno dice che è nata morta, qualcun altro che andrebbe già riformata.

Io credo che la riforma sia ben strutturat­a. Ma ci sono casi, come quelli che ha citato, che sono un’eredità del passato, quando la Brrd non esisteva. La struttura di chi detiene il debito subordinat­o di queste banche costituisc­e un problema per il bail-in. Da qui in avanti, nel contesto di questo nuovo regime, sarà inopportun­o che questo debito sia venduto come in passato a famiglie e risparmiat­ori individual­i. Ma per questi casi è comprensib­ile che non si vogliano coinvolger­e le famiglie e quindi le autorità italiane hanno chiesto un’eccezione all’Europa. Purtroppo però alla fine qualcuno dovrà pagare il conto. Queste banche comunque hanno bisogno di altri interventi di ristruttur­azione operativa, come mostrano gli esercizi di valutazion­e della Bce.

Il Fmi sostiene che il sistema bancario europeo ha problemi struttural­i, come Lei ha già accennato.

Le faccio un esempio. In Germania le casse di risparmio rappresent­ano il 50% del sistema, sono banche piccole con un mandato ben preciso di estendere credito all’economia locale. In genere funzionano bene. Sempre in Germania, le Landesbank­en hanno assunto rischi eccessivi, e non da oggi, lo fanno da 20-30 anni. C’è un problema di direzione strategica che è stato affrontato solo parzialmen­te.

Secondo la vostra analisi, l’Europa soffre di overbankin­g, un eccesso di offerta di servizi bancari.

Questo è chiaro anche in Italia. Ci sono troppe banche, con reti molto grandi di filiali, con una base di costi molto alta. Il risultato è un alto costo dei servizi bancari, che non fa bene all’economia italiana. Consolidam­ento, riduzione dei costi, soluzione del problema degli Npl: queste tre cose insieme renderanno il sistema bancario più efficiente e più sicuro.

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Fmi. Tobias Adrian, direttore Capital and Monetary markets

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