Per le carte esattoriali aggio a rischio Consulta
Si espone alla censura d’illegittimità costituzionale la disposizione che quantifica il solo compenso di riscossione sulla base delle somme dovute dal contribuente per imposte, interessi e sanzioni, nella misura del 4,65% in caso di pagamento entro 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento; nel 9% in caso di pagamento dopo 60 giorni dalla predetta notifica.
Si tratta dell’articolo 17 del dlgs 112/1999, nella versione in essere dal 1° gennaio 2009 in forza del decreto legge n. 185/2008, convertito in legge n. 2/2009.
Con riferimento ai nuovi avvisi di accertamento esecutivi, perciò, il contribuente che decida il pagamento entro 60 giorni verserà imposte, sanzioni e interessi senza alcun addebito come compenso di riscossione. Quest’ultimo sarà, invece, dovuto qualora l’obbligo di pagamento derivi da sentenza (ancora impugnabile o definitiva) di commissione tributaria; e ciò anche in caso di pagamento tempestivo.
La Ctr di Milano, sezione 34, con ordinanza dell’8 giugno 2016 (Pres. Targetti – Rel. Guida), pubblicata in G.U., Serie Speciale n. 2 dell’11 gennaio 2017, intende provocare un nuovo intervento della Consulta sull’antica e tormentata storia dell’aggio.
La norma in esame determinerebbe, a parità di servizio offerto, un’irragionevole disparità di trattamento tra il cittadino in grado di pagare immediatamente la pretesa (per il quale l’aggio dovuto è pari al 4,65 %) e colui che non adempie al pagamento delle somme dovute entro il termine di 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento (il quale deve versare l’aggio nella misura del 9 %). Peraltro, tale somma deve essere pagata all’agente della riscossione pur in assenza di alcun costo o prestazione propriamente riferibile al servizio di riscossione.
La stessa Ctr precisa, con puntuale attenzione a descrivere il caso di specie, che l’applicazione o meno della norma in oggetto appare, anche da un punto di vista economico, particolarmente rilevante nel processo pendente innanzi allo stesso giudice remittente, di- scutendosi di una somma pari a circa mezzo milione di euro.
La norma scrutinata si espone al contrasto con fondamentali principi costituzionali:
e in relazione all’articolo 3, comma 1, della Costituzione, creando un’obiettiva disparità di trattamento, ingiustificata, tra il contribuente che decida di pagare la somma quantificata nell’avviso di accertamento e il contribuente che, dopo essere ricorso in giudizio, soccomba anche solo parzialmente e subisca la notifica di cartella di pagamento (la Ctr osserva che nel caso di specie Equitalia per aver spedito una raccomandata si vedrebbe riconosciuto un compenso di riscossione di mezzo milione, anche in assenza di alcuna effettiva attività);
r in relazione all’articolo 24, comma 1, della Costituzione, in violazione del diritto di ciascuno alla tutela giudiziale dei propri diritti soggettivi, caricando indebitamente il contribuente del costo indiretto ulteriore del pagamento del compenso di riscossione, in esito all’eventuale soccombenza e pur in presenza di un pagamento tempestivo del tributo portato dalla cartella emessa;
t in relazione all’articolo 97, comma 1, della Costituzione, unitamente agli articoli 6 e 10 dello Statuto del contribuente, osservando che imparzialità, collaborazione e buona fede vengono violati da un Ufficio che procede all’iscrizione a ruolo senza alcun invito preventivo.
La stessa Ctr di Milano precisa che è ben noto che la Corte costituzionale, con ordinanza 147/2015, ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle eccezioni di costituzionalità sollevate dalle commissioni tributarie di Torino e di Latina. La Corte, allora, ritenne le ordinanze di rimessione carenti nella descrizione della fattispecie concreta.
Per non incorrere nello stesso esito, i giudici milanesi chiariscono in modo efficace e dettagliato la rilevanza della questione di legittimità costituzionale nel caso sottoposto al loro esame: il ricorso pendente contro la cartella esattoriale concerne il compenso di riscossione; la norma, della cui costituzionalità si discute, è ben precisata essendo posta a fondamento di quella parte della cartella esattoriale impugnata dalla ricorrente; in particolare si specifica che la sorte del gravame dipende dalla “sorte” dell’articolo 17 citato.
Vista la puntualità e completezza dell’esposizione del giudice remittente, certamente vi è da ritenere – con la Ctr di Milano - che « questa volta la questione di costituzionalità sia stata correttamente sollevata».
Merita, perciò, l’esame della Consulta e la decisione nel merito, senza le semplificazioni che, spesso a causa di ordinanze carenti, agevolano il compito politico della Consulta consentendole di non decidere.
Ma, come detto, questa volta tale esito non pare possibile.
QUESTIONE ANTICA Una ordinanza della Ctr di Milano apre la strada ad un nuovo intervento della Corte costituzionale