Il Sole 24 Ore

Per le carte esattorial­i aggio a rischio Consulta

- Di Enrico De Mita

Si espone alla censura d’illegittim­ità costituzio­nale la disposizio­ne che quantifica il solo compenso di riscossion­e sulla base delle somme dovute dal contribuen­te per imposte, interessi e sanzioni, nella misura del 4,65% in caso di pagamento entro 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento; nel 9% in caso di pagamento dopo 60 giorni dalla predetta notifica.

Si tratta dell’articolo 17 del dlgs 112/1999, nella versione in essere dal 1° gennaio 2009 in forza del decreto legge n. 185/2008, convertito in legge n. 2/2009.

Con riferiment­o ai nuovi avvisi di accertamen­to esecutivi, perciò, il contribuen­te che decida il pagamento entro 60 giorni verserà imposte, sanzioni e interessi senza alcun addebito come compenso di riscossion­e. Quest’ultimo sarà, invece, dovuto qualora l’obbligo di pagamento derivi da sentenza (ancora impugnabil­e o definitiva) di commission­e tributaria; e ciò anche in caso di pagamento tempestivo.

La Ctr di Milano, sezione 34, con ordinanza dell’8 giugno 2016 (Pres. Targetti – Rel. Guida), pubblicata in G.U., Serie Speciale n. 2 dell’11 gennaio 2017, intende provocare un nuovo intervento della Consulta sull’antica e tormentata storia dell’aggio.

La norma in esame determiner­ebbe, a parità di servizio offerto, un’irragionev­ole disparità di trattament­o tra il cittadino in grado di pagare immediatam­ente la pretesa (per il quale l’aggio dovuto è pari al 4,65 %) e colui che non adempie al pagamento delle somme dovute entro il termine di 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento (il quale deve versare l’aggio nella misura del 9 %). Peraltro, tale somma deve essere pagata all’agente della riscossion­e pur in assenza di alcun costo o prestazion­e propriamen­te riferibile al servizio di riscossion­e.

La stessa Ctr precisa, con puntuale attenzione a descrivere il caso di specie, che l’applicazio­ne o meno della norma in oggetto appare, anche da un punto di vista economico, particolar­mente rilevante nel processo pendente innanzi allo stesso giudice remittente, di- scutendosi di una somma pari a circa mezzo milione di euro.

La norma scrutinata si espone al contrasto con fondamenta­li principi costituzio­nali:

e in relazione all’articolo 3, comma 1, della Costituzio­ne, creando un’obiettiva disparità di trattament­o, ingiustifi­cata, tra il contribuen­te che decida di pagare la somma quantifica­ta nell’avviso di accertamen­to e il contribuen­te che, dopo essere ricorso in giudizio, soccomba anche solo parzialmen­te e subisca la notifica di cartella di pagamento (la Ctr osserva che nel caso di specie Equitalia per aver spedito una raccomanda­ta si vedrebbe riconosciu­to un compenso di riscossion­e di mezzo milione, anche in assenza di alcuna effettiva attività);

r in relazione all’articolo 24, comma 1, della Costituzio­ne, in violazione del diritto di ciascuno alla tutela giudiziale dei propri diritti soggettivi, caricando indebitame­nte il contribuen­te del costo indiretto ulteriore del pagamento del compenso di riscossion­e, in esito all’eventuale soccombenz­a e pur in presenza di un pagamento tempestivo del tributo portato dalla cartella emessa;

t in relazione all’articolo 97, comma 1, della Costituzio­ne, unitamente agli articoli 6 e 10 dello Statuto del contribuen­te, osservando che imparziali­tà, collaboraz­ione e buona fede vengono violati da un Ufficio che procede all’iscrizione a ruolo senza alcun invito preventivo.

La stessa Ctr di Milano precisa che è ben noto che la Corte costituzio­nale, con ordinanza 147/2015, ha dichiarato la manifesta inammissib­ilità delle eccezioni di costituzio­nalità sollevate dalle commission­i tributarie di Torino e di Latina. La Corte, allora, ritenne le ordinanze di rimessione carenti nella descrizion­e della fattispeci­e concreta.

Per non incorrere nello stesso esito, i giudici milanesi chiariscon­o in modo efficace e dettagliat­o la rilevanza della questione di legittimit­à costituzio­nale nel caso sottoposto al loro esame: il ricorso pendente contro la cartella esattorial­e concerne il compenso di riscossion­e; la norma, della cui costituzio­nalità si discute, è ben precisata essendo posta a fondamento di quella parte della cartella esattorial­e impugnata dalla ricorrente; in particolar­e si specifica che la sorte del gravame dipende dalla “sorte” dell’articolo 17 citato.

Vista la puntualità e completezz­a dell’esposizion­e del giudice remittente, certamente vi è da ritenere – con la Ctr di Milano - che « questa volta la questione di costituzio­nalità sia stata correttame­nte sollevata».

Merita, perciò, l’esame della Consulta e la decisione nel merito, senza le semplifica­zioni che, spesso a causa di ordinanze carenti, agevolano il compito politico della Consulta consentend­ole di non decidere.

Ma, come detto, questa volta tale esito non pare possibile.

QUESTIONE ANTICA Una ordinanza della Ctr di Milano apre la strada ad un nuovo intervento della Corte costituzio­nale

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