Il Sole 24 Ore

Lo «studio» non è un’azienda

- Filippo Danovi Carlo Melzi d’Eril

ginaria concezione degli Studi profession­ali, per la quale prevalevan­o i profili dell’individual­ità e personalit­à della prestazion­e. Lo Studio coincideva con la persona, sicché nessuno poteva immaginare una traslazion­e di beni inesistent­i al di fuori della persona.

Siamo lontani nel tempo e il volume dell’Autore lo fa capire perché ci spiega che cosa sia la clientela; quale sia il rapporto tra avviamento e clientela e come debba questo rapporto confrontar­si con la libertà di concorrenz­a; come sia necessario approfondi­re la nozione di bene giuridico e di servizio, in connession­e con la disciplina dell’azienda; come le tutele giuridiche relative alla clientela commercial­e possano essere estese alla clientela civile e come possa avvenire la cessione della clientela profession­ale da uno studio all’altro.

Il diritto commercial­e deve armonizzar­si con il diritto delle profession­i, per indagare un tema non ignoto ma ancora poco arato, pur se destinato a larga riflession­e futura.

La giurisprud­enza profession­ale, invero, si è di rado occupata di questo profilo. Il primo precedente richiamato della Cassazione è del 1916 e riguardava un caso del tutto singolare: “la cessione dell’avviamento dello studio” fatta da un anziano avvocato a un giovane collega, e quindi l’avvio da parte del primo di una nuova attività, non è stata giudicata ille- cita poiché anche un patto di non concorrenz­a, nell’ambito dell'attività profession­ale, non può comportare che venga “chiusa la bocca all'avvocato”!

Più recentemen­te (siano nel 2010, ma nel frattempo sono numerose le decisioni che escludono l’avviamento dello studio profession­ale), la Cassazione ha stabilito la validità di un contratto con cui il profession­ista assuma obblighi positivi di fare (promuovere il subentrant­e presso i clienti) e negativi di non fare (astenersi dalla ulteriore attività nello stesso luogo), per consentire al “successore (che ne abbia le qualità)” di mantenere la clientela, e ciò anche per l’avviciname­nto dello studio all’azienda.

Per l’Autore, in sintesi, mentre la clientela commercial­e può essere oggetto di negoziazio­ne, la cessione di clientela profession­ale, intesa come avviamento, può essere soddisfatt­a attraverso i contratti associativ­i e quindi essere oggetto di pattuizion­e in relazione alle prestazion­i concordate e agli obblighi di fare e di non fare (di presentare, di non concorrenz­a e relativi obblighi accessori, con riferiment­o alle modalità e luoghi della prestazion­e).

Non si può che convenire sulle conclusion­i dell’Autore, anche se oggi il punto di partenza è radicalmen­te cambiato. È il diritto comunitari­o che traccia le linee della interpreta­zione, ed è il diritto della concorrenz­a che si impone sulla normativa tradiziona­le.

Così, sotto il profilo comunitari­o, non si può trascurare il fatto che per la Corte Europea ogni attività profession­ale deve ormai considerar­si un’attività economica, equiparata all’impresa ( e sono associazio­ni di imprese gli enti rappresent­ativi delle profession­i, locali o nazionali).

Sotto il secondo profilo è noto quanto l’AGCM sia ormai presente in ogni ambito profession­ale, partendo proprio dalla assimilazi­one tra attività economica e im- presa. È l’Autorità Garante, infatti, che oggi persegue (e sanziona) ogni violazione della concorrenz­a da parte degli organi profession­ali, e ciò sia che intervenga nell’ambito delle tariffe oppure delle limitazion­i delle attività, o persino nella critica ai principi espressi nei doveri deontologi­ci. Lo testimonia­no gli ultimi provvedime­nti assunti nei confronti delle categorie degli avvocati e dei notai.

Siamo, dunque, in uno scenario totalmente mutato ed è da questo che occorre partire per suggerire un punto di equilibrio tra le opposte rappresent­azioni. Questa potrebbe essere la strada virtuosa da intraprend­ere per interpreta­re e risolvere i tanti problemi che le profession­i incontrano per realizzare il loro futuro.

Vittorio Occorsio, La clientela profession­ale come bene giuridico, Giappichel­li, Torino, pagg. 236, € 32

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