Lo «studio» non è un’azienda
ginaria concezione degli Studi professionali, per la quale prevalevano i profili dell’individualità e personalità della prestazione. Lo Studio coincideva con la persona, sicché nessuno poteva immaginare una traslazione di beni inesistenti al di fuori della persona.
Siamo lontani nel tempo e il volume dell’Autore lo fa capire perché ci spiega che cosa sia la clientela; quale sia il rapporto tra avviamento e clientela e come debba questo rapporto confrontarsi con la libertà di concorrenza; come sia necessario approfondire la nozione di bene giuridico e di servizio, in connessione con la disciplina dell’azienda; come le tutele giuridiche relative alla clientela commerciale possano essere estese alla clientela civile e come possa avvenire la cessione della clientela professionale da uno studio all’altro.
Il diritto commerciale deve armonizzarsi con il diritto delle professioni, per indagare un tema non ignoto ma ancora poco arato, pur se destinato a larga riflessione futura.
La giurisprudenza professionale, invero, si è di rado occupata di questo profilo. Il primo precedente richiamato della Cassazione è del 1916 e riguardava un caso del tutto singolare: “la cessione dell’avviamento dello studio” fatta da un anziano avvocato a un giovane collega, e quindi l’avvio da parte del primo di una nuova attività, non è stata giudicata ille- cita poiché anche un patto di non concorrenza, nell’ambito dell'attività professionale, non può comportare che venga “chiusa la bocca all'avvocato”!
Più recentemente (siano nel 2010, ma nel frattempo sono numerose le decisioni che escludono l’avviamento dello studio professionale), la Cassazione ha stabilito la validità di un contratto con cui il professionista assuma obblighi positivi di fare (promuovere il subentrante presso i clienti) e negativi di non fare (astenersi dalla ulteriore attività nello stesso luogo), per consentire al “successore (che ne abbia le qualità)” di mantenere la clientela, e ciò anche per l’avvicinamento dello studio all’azienda.
Per l’Autore, in sintesi, mentre la clientela commerciale può essere oggetto di negoziazione, la cessione di clientela professionale, intesa come avviamento, può essere soddisfatta attraverso i contratti associativi e quindi essere oggetto di pattuizione in relazione alle prestazioni concordate e agli obblighi di fare e di non fare (di presentare, di non concorrenza e relativi obblighi accessori, con riferimento alle modalità e luoghi della prestazione).
Non si può che convenire sulle conclusioni dell’Autore, anche se oggi il punto di partenza è radicalmente cambiato. È il diritto comunitario che traccia le linee della interpretazione, ed è il diritto della concorrenza che si impone sulla normativa tradizionale.
Così, sotto il profilo comunitario, non si può trascurare il fatto che per la Corte Europea ogni attività professionale deve ormai considerarsi un’attività economica, equiparata all’impresa ( e sono associazioni di imprese gli enti rappresentativi delle professioni, locali o nazionali).
Sotto il secondo profilo è noto quanto l’AGCM sia ormai presente in ogni ambito professionale, partendo proprio dalla assimilazione tra attività economica e im- presa. È l’Autorità Garante, infatti, che oggi persegue (e sanziona) ogni violazione della concorrenza da parte degli organi professionali, e ciò sia che intervenga nell’ambito delle tariffe oppure delle limitazioni delle attività, o persino nella critica ai principi espressi nei doveri deontologici. Lo testimoniano gli ultimi provvedimenti assunti nei confronti delle categorie degli avvocati e dei notai.
Siamo, dunque, in uno scenario totalmente mutato ed è da questo che occorre partire per suggerire un punto di equilibrio tra le opposte rappresentazioni. Questa potrebbe essere la strada virtuosa da intraprendere per interpretare e risolvere i tanti problemi che le professioni incontrano per realizzare il loro futuro.
Vittorio Occorsio, La clientela professionale come bene giuridico, Giappichelli, Torino, pagg. 236, € 32