Il Sole 24 Ore

Intesa conferma maxi-cedole

Messina: nuova strategia di crescita a inizio 2018 - Focus su polizze e r isparmio

- Marco Ferrando u

Intesa Sanpaolo distribuir­à 3,4 miliardi in dividendi agli azionisti nel 2017. Lo ha confermato il ceo Carlo Messina all’assemblea degli azionisti. «Il nuovo piano - ha poi aggiunto - sarà presentato a febbraio-marzo 2018»: focus su polizze e wealth management.

pIl dossier Generali, a parte la quota del 3,4% ancora in pancia al Leone e un po’ di amaro in bocca espresso da qualche socio, è archiviato. Ma le polizze restano nel mirino di Intesa Sanpaolo, che insieme al wealth management ha già deciso di lasciarle al centro del nuovo piano d’impresa a 3 o 4 anni che sarà presentato a febbraioma­rzo 2018 e che punta «sulla capacità della banca di garantire il pagamento di dividendi elevati», ha anticipato il ce o, Carlo Messina, ai soci. Ieri gli azionisti, al 99,7%, hanno approvato il bilancio 2016, con i suoi 3 miliardi di cedole. Per il 2017, invece, sono confermati i 3,4 miliardi, un risultato alla portata con la sola attività ordinaria, oltre la quale ci sarà la plusvalenz­a - circa 800 milioni - in arrivo con la cessione di Allfunds, un «cuscino di sicurezza» utile in caso di imprevisti. Siamo solo a fine aprile, ma i segnali sono tali - compresi i 12,5 miliardi di nuovi crediti erogati in tre mesi e i 50 a cui si punta sull’intero esercizio - da confermare i target, «che ci consentira­nno di centrare il traguardo dei 10 miliardi in quattro anni », ha detto ieri Messina; rimarcando poi che un euro investito nel settembre 2013 oggi vale il doppio, tra dividendi e upside di Borsa: «Intesa è una banca che i soldi ai soci li restituisc­e, e non li chiede», ha detto il manager con un chiarissim­o riferiment­o a UniCredit. Un sassolino, così come quello relativo a Mediobanca (battuta quanto agli utili, da Banca Imi) o alla vicenda good banks «gestita in maniera incredibil­e» e costata 4,5 miliardi al sistema delle banche sane, per la regola «francament­e inaccettab­ile, in base alla quale chi va bene si trova a pagare per chi va male».

Ma già si guarda al futuro, cioè al prossimo piano. Che, giocoforza, non potrà essere inferiore a quello in dirittura quanto a ritorni - per lo meno promessi - per i soci, che oggi sono in gran parte istituzion­ali esteri e dunque si muovono per interesse e non per attaccamen­to. Come previsto, ieri si sono presentati in maggioranz­a all’ assemblea( aveva- no il 61% del 59,5% del capitale presente), e un piccolo segnale l’hanno mandato quando c’è stato da votare su politiche di remunerazi­one e sistema di incentivi: i contrari hanno raggiunto il 3,7 el ’1,9%. Segnali, niente di più, che però confermano la necessità - peraltro espressa da più di un piccolo socio-di non sottovalut­are una componente ormai determinan­te dentro all’azionariat­o, dove il nucleo stabile delle Fondazioni è al 23%, con Compagnia di San Paolo in lieve calo al 9,19% e Cariplo ferma al 4,83%.

«Il nostro successo si base sulla fiducia di clienti e azionisti - aveva puntualizz­ato il presidente, Gian Maria Gros-Pietro -, una fiducia che ripaghiamo con il dividend yeld ma anche con la tutela e il rispetto del loro investimen­to». «Un rispetto che è stato e sarà alla base della nostra disciplina finanziari­a e che non verrà mai meno», ha detto ancora Gros-Pietro, in un monito che vale per il mercato quanto per la squadra dei manager che già in queste settimane sta lavorando al nuovo piano.

A capo c’è Messina, insieme a lui i manager che dalla settimana scorsa fanno ufficialme­nte parte del comitato di direzione. Un organo già previsto dallo statuto e voluto dalla Vigilanza della Bce, e che assegna al ceo un ruolo fondamenta­le (vista la presidenza di diritto della plenaria e delle sessioni tematiche), insieme al chief governance officer, Paolo Grandi, vicario di Messina in diversi ruoli interni al comitato, o al cfo Stefano Del Punta, che è invece il manager designato a subentrare al ceo in caso di imprevisti. Ma tutta la prima linea, dal capo della Banca dei Territori Stefano Barrese fino al responsabi­le della divisione Insurance Nicola Fioravanti e a quelli delle altre business unit, è valorizzat­a e già al lavoro sul nuovo piano. Si parte, si diceva, da una banca che ha trovato nel wealth management la via, come testimonia il 43% dei ricavi generati da commission­i: «È il nostro punto di maggior forza, perché ci assicura stabilità dei ricavi e quindi resilienza », ha rimarcato ieri Messina .« L’ unico modello sostenibil­e per una banca oggi è quell oche prevede l’ innesto delle commission­i su una rete retail», nona caso, «le fabbriche prodotto sono ciò su cui Intesa continuerà a investire». Poi ci sarà il governo dei costi e la gestione interna degli Npl, per 15 miliardi entro il 2019, con la capital light bank che ormai «si muove come un fondo di private equity» e in futuro potrebbe essere societariz­zata, onde offrirsi come piattaform­a sul mercato.

E proprio a proposito di Npl, ieri non si poteva tacere di Al italia. Formalment­e, a quanto risulta,l’ esposizion­e verso la compagnia è contabiliz­zata come un likelyt op ay, ma ciò non toglie che sia una nota dolentissi­ma: ai soci che chiedevano ieri il vertice ha spiegato che dal 2008 la banca ha investito 380 milioni nel capitale, ormai dati per persi e completame­nte svalutati, a cui si aggiungono un’esposizion­e creditizia pari a 185 milioni coperta per 100 e derivati sul carburante che al momento presentano un fair value negativo per 774 milioni.

LE LINEE GUIDA Nella nuova strategia a 3-4 anni focus su polizze e wealth management L’ipotesi di societariz­zare la capital light bank

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Ceo di Intesa. Carlo Messina

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