La Bce tiene la rotta
Una congiuntura economica migliorata, ma non in modo definitivo, ha rafforzato le scelte di Mario Draghi: la Bce si compatta nella decisione di non modificare la rotta ultra espansiva della politica monetaria, almeno fino a quando l’obiettivo della stabilità monetaria non sarà raggiunto.
In caso contrario, ci sarebbero rischi per tutti, che nessuno ha voglia di affrontare, falchi tedeschi inclusi. L’attesa per l’annuncio della Bce sulla strategia di politica monetaria era legata non tanto alle decisioni che sarebbero state comunicate, quanto alla possibilità che emergessero dei dissidi all’interno della stessa banca centrale, alla luce dei progressi registrati nei dati macroeconomici. Insomma la domanda di tanti era: la Bce non cambia certo rotta – per ora – ma è d’accordo tutto l’equipaggio, o qualcuno comincia a remare esplicitamente contro?
È dal gennaio 2015 che la Banca centrale ha scelto con chiarezza la sua rotta, specificando via via le caratteristiche del ruolino di marcia. A partire dal traguardo: occorre ritornare a una stabile crescita dei prezzi. Di più: dallo scorso gennaio la Bce non ha mancato occasione – ieri incluso – per definire cosa intende per ritorno alla stabilità monetaria. Innanzitutto l’orizzonte temporale è quello del medio termine (traduzione: una rondine, ad esempio il dato dell’inflazione di febbraio, non fa primavera); in secondo luogo il ritorno deve essere duraturo, e non episodico; poi la stabilità dei prezzi dev’essere robusta, cioè mantenersi anche in assenza dello stimolo monetario straordinario ora in atto; infine, del ritorno alla stabilità monetaria devono giovarsi tutti i Paesi (e non solo, ad esempio, la Germania).
Certo la definizione del traguardo non è piaciuta a tutti. Non è a piaciuta ai falchi, che con una tale meta vedono la rotta dell’espansione monetaria proseguire come minimo fino al prossimo dicembre. Ma è un obiettivo che non piace neanche alle cosiddette colombe, che vorrebbero una Banca centrale che attribuisse alla crescita economica la stessa importanza che dà alla stabilità dei prezzi. Anche su questo punto Draghi non ha perso l’occasione per sottolineare due aspetti cruciali della strategia Bce: sul piano istituzionale, il mandato definisce un obiettivo principale – appunto la stabilità dell’euro; sul piano economico, una Banca centrale orientata alla stabilità monetaria contribuisce alla crescita, e allo stesso tempo utilizza lo stato dell’economia come un fondamentale termometro per comprendere se la rotta scelta è quella giusta.
In altri termini, dato il traguardo, la Bce reagisce – cambiando rotta - quando i mari – la congiuntura economica, ma anche i rischi geopolitici – tendono a far scarrocciare la nave, allontanandola o avvicinandola all’obiettivo. La Bce ha comunicato che ad oggi non ci sono ragioni per cambiare rotta: il traguardo è più vicino, ma i progressi fatti non possono essere considerati definitivi.
Dunque anche tutti gli strumenti attivati per mantenere la rotta devono essere in funzione e sincronizzati. Stiamo parlando delle tre politiche che la Bce sta utilizzando: tassi di interesse, acquisti di titoli – pubblici e privati – e gli annunci vincolanti. Certo, nel momento in cui i dati macroeconomici indicassero la necessità di modificare la rotta in senso meno espansivo – innestando la “normalizzazione” – ci si potrebbe interrogare su quale sia la migliore tattica di uscita dall’espansione monetaria, proprio pensando agli strumenti: modificare congiuntamente tassi e operazioni sui titoli, ovvero scegliere una sequenza, in una cornice di annunci stabili e coerenti. Ma per ora la Bce esclude che quel momento sia arrivato. E lo ha escluso con una decisione che è stata unanime.
Dunque niente dissidi interni alla Bce, che taluni viceversa attendevano – o forse auspicavano. La ragione? Si chiama prudenza, o se volete avversione alle perdite. Sulla base dei dati disponibili, oggi qualunque cambiamento nella strategia di politica monetaria sarebbe rischioso. Anche per i falchi. Il meccanismo di trasmissione della politica monetaria e del credito si è appena riaggiustato in tutti i Paesi – Germania inclusa – ma il ritorno alla regolarità non può essere ancora considerato né robusto e neanche irreversibile. Inoltre, continua a mancare il sostegno delle altre politiche economiche. Dunque lo status quo della politica monetaria conviene a tutti, e in più l’indipendenza della Bce dai governi in carica ne aumenta gli effetti sulla stabilità per l’Unione. L’ennesima prova che una moneta gestita da una Banca centrale indipendente può ridurre i danni macroeconomici connessi ai rischi di miopia dei governi in carica. Una proprietà che la vecchia e cara lira non ha mai avuto, con buona pace di qualche nostalgico.