Il Sole 24 Ore

Il «peso» dei gazebo su fisco e alleanze

- di Lina Palmerini

Adue giorni dalle primarie e dopo svariati confronti tra i tre candidati l’impression­e è che il voto degli elettori Pd avrà un bassissimo impatto sulle dinamiche del partito. Dinamiche che prevedibil­mente resteranno quelle che sono sempre state. E, cioè, fatto un segretario dopo poco cominciano le battaglie interne delle varie minoranze e opposizion­i che si scaricano sul leader su temi delle volte rilevanti, delle volte meno. È ovvio che nel Pd come in tutti i partiti è necessario vi sia una dialettica democratic­a ma la scelta dei gazebo e il ricorso agli iscritti dovrebbe servire proprio a depurare da un eccesso di autorefere­nzialità e litigiosit­à. Ecco, questo obietti- vo non sembra affatto centrato. Non lo è stato nel passato e viene facile ricordare le prime battaglie contro Romano Prodi e poi contro Veltroni e anche come Pierluigi Bersani venne “tradito” in un voto segreto sul capo dello Stato. Con Matteo Renzi in qualche modo si è toccato l’apice con una guerra aperta arrivata poi alla scissione.

Insomma, il difetto del Pd è che insiste con le primarie ma non è ancora riuscito a calibrare il parere degli elettori con la vita interna del partito per cui, alla fine, la fila ai gazebo sta un po’ perdendo di senso. E questa volta non fa differenza perché ci si chiede, per esempio, cosa accadrà quando il leader del Pd dovrà scegliere le alleanze politi- che o le ricette fiscali, cioè, i due temi su cui sono più divisi Matteo Renzi, Andrea Orlando e Michele Emiliano. Il primo non esclude larghe intese con Berlusconi, gli altri due sbarrano la strada a patti con la destra: linee politiche distanti e, anche su queste, sono chiamati a votare gli elettori Pd. I militanti, infatti, non scelgono solo un nome ma - verosimilm­ente - pure una strategia. A quanto pare, però, non basterà il voto di domenica. Ieri infatti Orlando a Repubblica Tv ha promesso – come prevede lo Statuto - un referendum «tra il nostro popolo» per decidere se andare con Berlusconi o Pisapia. Anche questo dimostra che le primarie rischiano di diventare sempre più ir- rilevanti se poi è necessario ricorrere a ulteriori consultazi­oni.

Stesso discorso sulle tasse. Qui la divisione è ugualmente netta e immediatam­ente comprensib­ile per gli elettori. Sia Orlando che Emiliano non escludono una patrimonia­le sui contribuen­ti più ricchi mentre Renzi esclude aumenti di tasse e “spinge” su una politica fiscale per le famiglie, come ha detto ieri a Porta a Porta. A parte il fatto che nessuno dei tre dice che un aumento delle tasse già c’è stato ed è scritto nella manovrina appena varata - dove si aumenta l’Iva di un punto e mezzo (invece che di tre) sulla prima aliquota - è possibile che anche qui si possa aprire un fronte interno. Un fronte per marcare differenze e spostare l’asse verso il centro o la sinistra del partito. Servirà una doppia consultazi­one tra gli elettori del Pd anche su questo tema?

Ci si chiede quanto e se sarà alta la partecipaz­ione di domenica ma dietro questa domanda si nasconde il vero nodo del partito: quello di non essere riuscito a distribuir­e i giusti pesi tra l’opinione degli elettori espressa ai gazebo e la “convivenza” di chi vince e chi perde alle primarie.

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