Il ribasso dell’euro spinge le vendite in Russia e Cina
Commercio estero. Bene i comparti manifattur ier i
Il ritorno, sui radar, della Russia, la tenuta della crescita in Cina e – su tutti – un euro più “debole” rispetto al dollaro, che ci restituisce un vantaggio competitivo.
Sono un po’ queste le “chiavi” con cui gli operatori si spiegano l’ultimo dato Istat, diffuso ieri, secondo cui, – su base annua – l’export “Made in Italy” extraUe, a marzo, è cresciuto del 15,1 per cento. Il quinto dato positivo consecutivo. E il secondo scatto a due cifre dopo gennaio scorso.
Mentre su febbraio – mese che aveva virato in negativo – il dato destagionalizzato è stato comunque di un +6,5 per cento. Una crescita che riguarda tutti, sia in termini settoriali che geografici. Una falcata ampia ma non così inattesa .
Su base annua, a guidare il balzo è l’energia (+42,3%) ma anche al netto di questa voce, guadagnano tutti. I beni durevoli (15,6%) e i non durevoli (18,9%), gli strumentali (13,5%) e gli intermedi (11,3%). Così come dai cosiddetti Bric – che da tempo si dice in crisi per ragioni interne o in rallentamento – vengono le maggior i soddisfazioni.
La Cina incrementa le commesse di made in Italy del 32,3%, la Russia di oltre 21 punti, l’India di 12. Così come in progresso a doppia cifra (+23,4%) è l’area Mercosur. Insomma, in valore assoluto per le nostre imprese gli incassi extra-Ue , rispetto a marzo 2016, sono lievitati di 2,5 miliardi, che diventano 5 miliardi se si confronta il I trimestre 2017 con lo stesso periodo 2016.
Soddisfatto il sottosegretario allo Sviluppo economico (con delega al Commercio internazionale) Ivan Scalfarotto: «Il recupero del fatturato industriale a febbraio forniva già un segnale positivo, indicando una crescita annua che sfiorava il 5% sui mercati export extra-Ue va poi letto nella sua dimensione geografica. Sicuramente da approfondire le tendenze su Cina e Asean che crescono ben oltre il 30% e il recupero della Russia. Tutti Paesi al centro delle nostre politiche di promozione dell’export».
«Il dato conferma che la visto- sa frenata dei flussi commerciali, vista a febbraio, era temporanea – spiega Paolo Mameli , senior economist di Intesa Sanpaolo –. Peraltro, il commercio estero totale potrebbe aver ancora frenato la crescita del Pil nel I trimestre, stimiamo di circa un decimo come a fine 2016, sulla scia di un aumento dell’import più marcato di quello dell’export. Tuttavia, in prospettiva – ha concluso Mameli – riteniamo che la crescita dell’import possa moderarsi in relazione al minor vigore della domanda interna (in particolare per consumi), mentre quella dell’export dovrebbe mantenersi sostenuta sulla scia dell’accelerazione in corso della crescita mondiale».
«Rispetto al 2016, si rileva una
crescita mondiale diffusa. Vanno meglio la Russia, il Mercosur (al netto del Venezuela), ma anche l’Asean e gli Usa. Ci aiuta anche il recupero di competitività sul dollaro» ha sottolineato Alessandra Lanza, partner della società di consulenza Prometeia, che studia l’export Made in Italy sui mercati internazionali.
Durerà? «C’è una ripresa che un anno fa non era visibile. Dipenderà dai fattori esterni. Le minacce Usa- Nord Corea o eventuali dazi, che possono avere più effetti, in tal caso, del voto francese o della Brexit . Se nulla di dirompente accade – ha concluso Lanza – questa “bonaccia” può durare sino all’autunno».
«Per quanto crescano le vendite dei beni di consumo – ha osservato Gaetano Fausto Esposito, Segretario generale di Assocamerestero – è ancora la meccanica che contribuisce per oltre il 75% all’avanzo. Bene la crescita su Asia e Sud America, ma anche in Russia, con il più alto incremento delle esportazioni degli ultimi 5 anni».