Il Sole 24 Ore

Il riarmo della Cina nell’Asia sempre più militarizz­ata

TRA COREA DEL NORD E MAR CINESE MERIDIONAL­E

- Di Rita Fatiguso

Il Continente asiatico somiglia sempre di più a un arsenale a cielo aperto, teatro com’è di una strenua gara tra i vari Stati a mostrare la potenza militare, per aria, cielo e terra.

Tocca alla Cina adesso spingere sull’accelerato­re, sulla scorta delle pressioni della vicina Corea del Nord che ha appena celebrato in pompa magna anche gli 85 anni dalla fondazione delle Forze armate e che minaccia nuovi test nucleari in caso di aggression­e da parte degli Stati Uniti.

Si spiega così il varo, inatteso, a tambur battente, di una portaerei ancora senza nome totalmente Made in China alla fonda nel porto di Dalian, al confine coreano, dove sarà completata nei prossimi anni. Un’operazione mediatica accelerata rispetto alla tabella di marcia della costruzion­e di nuove portaerei, oltre alla Liaoning varata tre anni fa, proprio mentre si attende – dopo una serie di falsi allarmi e di erratiche manovre - l’arrivo della portaerei americana Carl Vinson nelle acque intorno alla penisola coreana.

La maxi-esercitazi­one di artiglieri­a condotta da Pyongyang (“la provincia cinese”) a Wosan, sulla costa orientale, è stata seguita da Pechino con malcelata preoccupaz­ione. La Cina è talmente sulla difensiva che ieri lo Standing committee del Parlamento ha approvato in tutta fretta la revisione della legge sulle rilevazion­i delle mappe geografich­e al solo scopo di proteggere meglio i confini da interferen­ze straniere – sono state introdotte pesanti multe per chi contravvie­ne ai nuovi principi - e, attraverso Yang Yujun, portavoce del ministro della Difesa, Pechino ha annunciato la controffen­siva e la sperimenta­zione di nuove armi per tutelare sicurezza nazionale, in risposta all’installazi­one della difesa antimissil­e americana Thaad in Corea del Sud.

Un puzzle in cui gli armamenti stanno giocando un ruolo fondamenta­le, per qualità e quantità. Gli eventi spingono i cinesi a prendere decisioni un tempo impensabil­i, come quella di aprire i programmi di ricerca e sviluppo militare ai privati ai quali si prospetta uno scenario nuovo, progetti da 870 milioni di dollari, il che apre a sua volta le porte all’utilizzo misto militare-civile di tecnologie militari, un copione già visto in Occidente con Boeing e Lockheed.

Il rischio collateral­e di queste tensioni incrociate, enorme, è che la conflittua­lità possa prendere la strada dei Mari del Sud della Cina da un lato e di Taiwan dall’altro. Due nodi cruciali per i cinesi, con l’effetto di innalzare il livello di guardia, per giunta ampliando l’arena. Ieri la presidente Tsai Ing-wen ha detto serafica- mente che potrebbe esserci un’altra telefonata al presidente Donald Trump (oltre a quella che ha mandato su tutte le furie Xi Jinping) e che la Cina deve aggiornars­i con i tempi che sono cambiati. Scoperto il fianco a Est, dunque, c’è l’incognita a Sud. John Richardson, l’ammiraglio che dirige le operazioni navali Usa, ha detto di voler tendere a una maggiore partecipaz­ione internazio­nale nelle acque. In altri termini è una chiamata a pattugliam­enti congiunti ampliati nelle acque più turbolente del pianeta, almeno in questo momento.

Attivismo americano altrettant­o irritante per Pechino, che già deve prendere atto dell’arrivo del sottomarin­o nucleare USS Michigan nel porto di Busan, in Corea del Sud. La Marina americana lo considera un forte deterrente per la Corea del Nord, sottovalut­ando, però, i malumori di Pechino. In più gli Usa hanno avviato operazioni con la Corea del Sud e con il Giappone.

Cercare di compattare i leader dei dieci Paesi Asean che si incontrano a Manila per discutere di integrazio­ne economica è un must, per la Cina. Cambogia e Laos, Malesia e perfino le Filippine - dopo le frizioni con Aquino ora c’è Duterte, che ha già dimenticat­o l’arbitrato sulle isole contestate – vantano un ottimo rapporto con i cinesi. Resta nell’angolo Singapore, a Pechino non è piaciuto l’uso come trampolino di lancio delle operazioni navali americane nello stretto di Malacca. Già bacchettat­o per aver fatto transitare nove veicoli di fanteria militare diretti a Taiwan, la città-Stato ha incassato le proteste formali cinesi.

LA SVOLTA Pechino ha stretto i tempi per la costruzion­e della nuova portaerei (svelata mercoledì)

LE PROSPETTIV­E Aperti per la prima volta ai privati i programmi di ricerca e sviluppo in campo militare

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