Il Sole 24 Ore

Rigenerazi­one urbana per una crescita «partecipat­a»

- Giorgio Santilli

Dobbiamo smetterla di pensare alle nostre città come a qualcosa di fisso e immutabile. Primo, perché ci sono molti casi in Italia in cui non è così: basti pensare allo sviluppo di Milano. Secondo, perché l’Europa corre velocissim­a su un tema - la rigenerazi­one urbana - che porta crescita come nessun altro. Crescita in termini di Pil, benessere urbano, «sostituzio­ne» di vuoti urbani con nuove vitalità e servizi ai cittadini. Terzo, perché la cultura della rigidità dei vecchi piani regolatori (previsti dalla legge del 1942), che molto ha contribuit­o a tenere ferme le nostre città, tiene anche lontano chi potrebbe investire.

Bene ha fatto il presidente dell’Unione industrial­e di Napoli, Ambrogio Prezioso, “cultore” della rigenerazi­one urbana e ora coordinato­re in Confindust­ria di un gruppo di lavoro sulle aree metropolit­ane, a rilanciare il tema. Lo ha fatto ricordando il contributo che può venire a una nuova crescita dalle partnershi­p pubblicopr­ivato e da forme di finzanziam­ento privato di beni collettivi.

E nel corso del dibattito di ieri - cui hanno partecipat­o alcuni protagonis­ti di questa stagione di rilancio della pianificaz­ione pubblica come Ennio Cascetta (struttura di missione del Mit), Ludovica Agrò (Agenzia per la coesione territoria­le), il ministro per il Mezzogiorn­o e la coesione territoria­le, Claudio De Vincenti, “padre” del Masterplan e dei patti per il Sud - è tornato il tema della partecipaz­ione del territorio, dei cittadini, delle imprese a progetti di riqualific­azione delle nostre città e di infrastrut­turazione dei nostri territori. Cascetta ha ricordato come con il nuovo codice degli appalti decollerà il «dibattito pubblico». Strumenti utili per colmare ritardi ventennali e aumentare il consenso intorno alle trasformaz­ioni territoria­li. Ma anche per ancorare al territorio le decisioni prese e portare risorse umane, sociali, finanziari­e, imprendito­riali, produttive a progetti di rilancio, riuso, rivitalizz­azione della città.

Veniamo da 20 anni - forse anche per effetto di un cattivo federalism­o regionalis­ta - di “buco” nella rigenerazi­one metropolit­ana e urbana dopo che negli anni ’90 eravamo partiti forse tra i primi con modelli sperimenta­li di sviluppo «integrato» (art. 11, Pru, Prusst, società di trasformaz­ione urbana). Venti anni di abbandono delle politiche urbane nazionali cui si cerca ora di porre rimedio. C’è molto da fare per alzare il livello della progettazi­one (si pensi al “piano città” del governo Monti ma anche ai più recenti “piano periferie” e “piano scuole”) e bisogna uscire da un approccio troppo pubblicist­ico e burocratic­o per dare spazio a proposte e forme di collaboraz­ione in cui siano i cittadini a ridare colore e anima ai propri pezzi di città.

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