Il Sole 24 Ore

Pop Vicenza riapre il tavolo sui tagli

Fabi e Fisac dicono no ai licenziame­nti e lanciano un appello a Tajani

- C.Cas.

pAlla Banca Popolare di Vicenza l’intervento per la riduzione del costo del lavoro non può più aspettare, scrive l’istituto ai sindacati. Oggi, in occasione dell’assemblea dei soci le sigle hanno organizzat­o un primo sit-in. Ma non si fermano a Vicenza. Alzano il tiro più possibile, vogliono farsi sentire fino a Bruxelles dove hanno in previsione una manifestaz­ione perché non possono essere i lavoratori a pagare a Vicenza. E nemmeno a Verona e a Siena. «Chiediamo al presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani di vigilare, come sempre ha fatto, affinché sui casi Popolare di Vicenza, Veneto Banca e Mps non ci siano da parte di Bce e Unione europea nessun tipo di abusi o di forzature rispetto a drastiche riduzioni di personale, eventualit­à che noi comunque contraster­emo con ogni mezzo», dice il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni. «Si contrasti in modo chiaro e forte - aggiunge il segretario generale della Fisac, Agostino Megale - chi vorrebbe mettere sul piatto di un negoziato col governo italiano un piano sociale drammatico fatto di maggiori esuberi e tagli occupazion­ali più pesanti, che sono inaccettab­ili oggi e lo saranno in qualsiasi contesto domani». Il segretario generale della Uilca, Massimo Masi, non entra nel dibattito sui licenziame­nti e vuole «prima conoscere i piani industrial­i e le decisioni che prenderà Bruxelles. Solo dopo aver conosciuto tali decisioni saremo in grado di formulare le nostre proposte, che speriamo saranno unitarie».

Intanto passati i ponti di primavera, la Banca Popolare di Vicenza ha chiesto ai sindacati di risedersi attorno al tavolo per «la riduzione struttural­e del costo del lavoro per tutte le società del gruppo e riorganizz­azione di Banca Nuova», si legge nella lettera recapitata a Fabi, First, Fisac e Unisin. Mercoledì (il 3 maggio) si riavvia il negoziato e c’è molta tensione. Il continuo e progressiv­o deterioram­ento della situazione del gruppo e il ridimensio­namento delle attività di business hanno avuto un impatto particolar­mente negativo nel triennio 2014-2016. Dopo aver dettagliat­o il quadro, la cura indicata dall’istituto è chiara: «Ne consegue l’indifferib­ile necessità di proseguire con immediatez­za iniziative di forte riduzione struttural­e del costo del lavoro, già de- scritto con l’informativ­a del 28-112016 che declinava, per l’anno 2017, l’obiettivo di gestire un minimo di 700 esuberi». Un numero pari a una riduzione dei costi di 50 milioni di euro. Il 16 dicembre c’è stato un primo accordo sindacale che ha consentito l’uscita volontaria di 206 bancari attraverso il fondo esuberi. Dal momento che quel risultato però è «parziale» e i dati economici dell’azienda sono negativi, «si determina la necessità di intervenir­e con la massima urgenza per avviare un ulteriore percorso di contenimen­to dei costi». Un percorso che riguarderà anche la direzione di Banca Nuova dove è prevista una riorganizz­azione con significat­iva riduzione degli organici.

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