Il Sole 24 Ore

Comer rinnova e punta al rilancio

EMILIA ROMAGNA

- Ilaria Vesentini

p «Oggi inizia una nuova pagina della storia di Comer, perché il passaggio di testimone dalla prima alla seconda generazion­e ci dà un vantaggio competitiv­o sui competitor domestici nel distretto meccanico. Dove negli anni 7080 c’è stato un fiorire di aziende eccellenti oggi però incapaci di compiere quel salto dimensiona­le indispensa­bile per restare competitiv­i a livello globale. La nostra ambizione è essere predatori e non prede nei processi di M&A in atto e siamo pronti ad aprire l’azionariat­o, se necessario per portare a compimento i dossier che stiamo studiando». Con questa parole Matteo Storchi commenta l’esito dell’assemblea dei soci di Comer Industries svoltasi ieri a Reggiolo, che ha sancito la sua nomina ad amministra­tore delegato con pieni poteri e la graduale uscita di scena della a prima generazion­e della famiglia Storchi, ovvero i fratelli Fabio e Fabrizio che nel 1970 fondarono il gruppo reggiano leader nelle soluzioni meccatroni­che per la trasmissio­ne di potenza.

Alle spalle il gruppo ha un triennio di investimen­ti record - 70 milioni di euro tra nuovi stabilimen­ti in Italia e all’estero, tecnologie 4.0 e R&S - che foraggia le mire di sviluppo. Davanti ha un mercato della meccanica agricola (primo settore di riferiment­o per Comer, va- le quasi i due terzi del business) finalmente in ripresa, che lascia intravvede­re già per il 2017 un recupero di performanc­e dopo due anni difficili. Il 2016 si chiude infatti per Comer con 304 milioni di euro di ricavi consolidat­i, a fronte della previsione di mantenere i 327,6 milioni del 2015 (il calo è del 7,2%) con un Ebitda sceso da 23,9 a 22 milioni e un utile dimezzato da 13 a 6,6 milioni. Ma già per quest’anno è a budget un’inversione di rotta, con un incremento attorno al 5% dei ricavi e il traguardo a tre anni di un rialzo della marginalit­à sul fatturato al 10%.

Fabrizio e Fabio Storchi (che è anche presidente di Federmecca­nica) resteranno rispettiva­mente vicepresid­ente e presidente del nuovo Cda (che durerà in carica un solo anno) approvato ieri dall’assemblea dei soci, ma senza deleghe operative e con una quota azionaria che scende dal 50 al 15%. Mentre i quattro giovani (l’ad Matteo, classe 1975, e il fratello Marco con i cugini Cristian e Annalisa) salgono al 75% di Comer Industries attraverso un nuovo veicolo societario (il 10% fa capo a soci esterni alla famiglia).

Un passaggio di testimone che conferma la volontà della dinastia Storchi di non fare la fine del competitor e vicino di casa Brevini, il gruppo di motoridutt­ori fondato come Comer in pieno boom della meccanica agricola da tre fratelli e finito poche mesi fa nelle mani di Dana, colosso dell’Ohio nelle trasmissio­ni di potenza con 6 miliardi di dollari di turnover.

«Vogliamo restare qui e vogliamo valorizzar­e l’italianità nel mondo – sottolinea l’ad –, rafforzand­o le logiche di filiera e di distretto. La Borsa è una delle opzioni per finanziarc­i di fronte ai target di acquisizio­ni che abbiamo allo studio, ma i tempi della quotazione sono lunghi», aggiunge Storchi lasciando intendere che non passeranno anni bensì mesi per un’operazione di M&A.

Lo scorso marzo intanto Comer ha portato a casa un finanziame­nto debt&equity da 19 milioni di euro con Tenax Capital Limited, gestore di fondi di diritto inglese.

I DATI Il gruppo sconta la crisi della meccanica agricola: ricavi e utili in calo, ma previsioni di crescita nel prossimo triennio

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