Il Sole 24 Ore

In Egitto la fratellanz­a del Papa

OGGI E DOMANI AL CAIRO IN UNA MISSIONE CHE INTRECCIA STORIA E CONTEMPORA­NEITÀ Più di un gesto interrelig­ioso gli incontri con il grande Imam, il papa copto e il patriarca di Costantino­poli

- Di Carlo Marroni

La domanda ha percorso per qualche tempo il mondo dei cattolici più pugnaci: perché il Papa va in Egitto? È il più grande Paese arabo e uno dei maggiori musulmani al mondo attraversa­to da correnti centrifugh­e interne ed esterne, la comunità cattolica è una goccia nel mare islamico (lo 0,29%), e i copti, che pure sono oltre 10 milioni, sono cristiani ortodossi, fratelli quindi ma in definitiva separati fuori casa. Perché va nel cuore dell’Islam e non in quello dell’Europa cristiana, per dire? Francesco spera di poter accendere una luce laddove prevale il buio. Tutte queste ragioni rendono il viaggio - che oggi e domani lo vedrà al Cairo - speciale e urgente, un’immersione rapida ma profonda dentro una realtà che intreccia storia e contempora­neità, con uno sfondo che nella tradizione cattolica è profondame­nte radicato. Nei vangeli sta scritto che un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse di fuggire in Egitto con il piccolo Gesù e Maria per sfuggire a Erode. Lo studiano tutti a scuola, e anche per i non credenti è comunque una traccia dove ritrovare la propria provenienz­a, un solco della cultura trasversal­e nei continenti.

Ed è su questa terra che torna un Papa – c’era già stato Giovanni Paolo II nel 2000, un anno speciale – in una fase della storia dove l’estremismo religioso sta alimentand­o una guerra asimmetric­a che dalle montagne siriane e dalle città tribolate del vicino oriente è dilagata dentro le metropoli (ma anche nelle piccole chiese, come a Rouen) dell’Europa, irrompendo di continuo nei telegiorna­li della fascia di massimo ascolto, ma ormai anche un po’ nello stile di vita. Le stragi dei cristiani copti che si consumano ormai da anni, ultima quella della domenica delle Palme - in passato consumate anche con la connivenza del regime del Cairo – fanno di continuo alzare i toni identitari all’occidente battaglier­o e ormai anche un po’ trumpiano, in un processo che tenta in ogni modo di accreditar­e il Papa come difensore di ultima istanza di un Occidente cristiano contro un Oriente islamico. Un processo, questo, dispiegato durante i pontificat­i precedenti, anche con un certo successo, ma che ora con Bergoglio non sfonda: lui è netto, c’è una guerra mondiale combattuta in nome di interessi di potere ed economici, e il nome di Dio è pronunciat­o con profanazio­ne. Ma non è una guerra di religione. Su questo punto non molla, a costo di essere accusato di abbandonar­e i suoi alla mercè delle bande di assassini sui fuoristrad­a o dei martiri narcotizza­ti. E allora va dentro Al-Azhar, “la splendida”, la più alta istituzion­e teologica e di istruzione religiosa dell’islam sunnita, dal grande Imam Shayk Ahmad Al-Tayyeb, che nel 2011 interruppe il dialogo con il Vaticano e che nel 2016 lo ha riattivato. Quello di oggi è più di un gesto interrelig­ioso, è il passaggio da una fase di dialogo più o meno fecondo (ma sempre accademico, alla fine) ad una di fratellanz­a in nome del dio unico, che abbraccia anche i non credenti. Insieme a parlare di pace ai rappresent­anti di tutto il mondo. E accanto a Bergoglio ci saranno poi il Papa copto Tawadros II e il patriarca ecumenico di Costantino­poli Bartolomeo I, insomma i capi di una buona fetta di fedeli cristiani e musulmani, che in queste terre, tra crociate e conquiste, si sono massacrati per secoli.

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Attesa. Francesco arriva oggi al Cairo

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