Il Sole 24 Ore

Fallimenti, la cessione esclude il bonus mobilità

- Giuseppe Bulgarini d’Elci

pNon ha diritto all’esenzione contributi­va prevista dall’articolo 8, comma 4 della legge 223/1991 l’impresa che assume lavoratori iscritti nelle liste di mobilità a immediato ridosso dalla precedente cessione del ramo di azienda (a sua volta intervenut­a per effetto di acquisizio­ne dalla procedura fallimenta­re) presso il quale i lavoratori operavano prima del licenziame­nto.

Con la sentenza 10428/2017 la Corte di cassazione ha preci- sato che i benefici contributi­vi non possono essere riconosciu­ti neppure nel caso in cui il trasferime­nto abbia coinvolto un’azienda assoggetta­ta a procedura concorsual­e, rilevando che le specifiche deroghe introdotte dall’articolo 47, comma 5, della legge 428/1990 - in forza del quale, tra l’altro, è possibile concordare con i sindacati che il passaggio alle dipendenze del soggetto cessionari­o non includa tutti i dipendenti o non preveda il mantenimen­to delle pregresse e più favorevoli condi- zioni contrattua­li - non fanno venir meno l’obbligo dell’impresa subentrant­e nel ramo d’azienda di procedere all’assunzione dei dipendenti né, dunque, può incidere sulla disciplina degli sgravi contributi­vi.

L’articolo 8, comma 4, della legge 223/1991 prevede il diritto alle agevolazio­ni contributi­ve a favore del datore di lavoro che «senza esservi tenuto» assuma a tempo pieno e indetermin­ato i lavoratori provenient­i dalle liste di mobilità. Ad avviso della Suprema corte, in tale nozione non rientrano le imprese cessionari­e che acquisisca­no un ramo di azienda da un’impresa soggetta a procedura fallimenta­re, in quanto, anche in questo caso, benché sia stato concluso un accordo di parziale deroga alle garanzie previste dall’articolo 2112 del Codice civile a favore dei dipendenti interessat­i dalla cessione, permane l’obbligo di assumere (sia pure nei limiti dell’accordo sindacale) gli addetti del ramo di azienda ceduto.

Osserva la Corte, in questo senso, che la ratio del diritto alle agevolazio­ni contributi­ve risiede nel favorire la ricollocaz­ione profession­ale dei lavoratori che siano stati effettivam­ente espulsi dal mercato del lavoro, laddove tale regime agevolato non può trovare ingresso se l’impresa che assume dalle liste di mobilità vi sia tenuta in forza di un obbligo di legge. In tal caso, rileva la Corte, il datore di lavoro non pone in essere un’azione diretta alla ricollocaz­ione profession­ale di lavoratori realmente espulsi dal mercato del lavoro, ma si limita ad assumere personale che è tenuto dalla legge a integrare nella propria struttura organizzat­iva.

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