Il Sole 24 Ore

Il rischio economico dell’instabilit­à politica

I partiti anti-euro propugnano un settore pubblico più forte, ma i conti pubblici sono già sotto pressione

- Di Francesco Trebbi

In tutta l’Europa i partiti populisti stanno mettendo in discussion­e l’importanza dell’euro, e più in generale il ruolo sovranazio­nale dell’Unione europea. I termini della questione non riguardano quasi mai l’analisi economica, ma piuttosto la tattica politica. Se chiedeste alla candidata alle presidenzi­ali francesi Marine Le Pen se l’Unione europea sia un’area valutaria ottimale, molto probabilme­nte vi riderebbe in faccia. Nel migliore dei casi, ribattereb­be che agli elettori non interessa la sincronizz­azione del ciclo economico o la convergenz­a del prodotto interno lordo. Non sono aspetti centrali nel dibattito politico, anche se l’Unione Europea si è dimostrata uno strumento utile per perseguire entrambi, pagando un prezzo molto basso in termini di disuguagli­anza di reddito a livello continenta­le, come abbiamo dimostrato io e i miei colleghi Alberto Alesina e Guido Tabellini in un recente articolo.

Piuttosto, la signora Le Pen probabilme­nte vi rispondere­bbe che agli elettori interessa la crescita del potere d’acquisto dei loro salari e la stabilità del contesto economico in cui operano. Focalizzan­dosi su questioni come il controllo nazionale della politica monetaria («sovranità» è il termine che più abbonda nei loro discorsi), i partiti antieuro promettono di rilanciare la crescita di salari e occupazion­e (che sono fermi al palo nell’Europa meridional­e e in Francia) senza costi aggiuntivi in termini di stabilità economica o politica. Ma qui stabilità è una parola chiave. La stabilità economica e quella politica ci permettono di scegliere con sufficient­e serenità di acquistare una nuova casa o una macchina, o di pianificar­e quella vacanza estiva, quindi sono importanti per i consumi interni. Sono importanti anche per spingere una piccola impresa a investire in nuove attrezzatu­re o pubblicare un’offerta di lavoro per assumere nuovi dipendenti.

Ma un’Europa senza il mercato unico e l’euro – perché è di questo che stiamo parlando veramente, non di un’uscita dell’Italia o della Francia, ma dell’inevitabil­e tracollo della moneta unica – sarebbe in grado di offrire questa stabilità?

Anche supponendo che qualsiasi volatilità aggiuntiva determinat­a da un possibile crollo dell’euro sia pari a zero – uno scenario molto positivo per quelli di noi che cercano di valutare un crollo dell’euro - fuori dall’Unione europea ci si potrebbe aspettare che un Paese come l’Italia o la Spagna torni a un equilibrio di lungo periodo più volatile e meno stabile a livello economico. Questo perché passeremmo da un’economia «grande e aperta» a un contesto economico «piccolo e aperto». Gli economisti Julian di Giovanni e Andrej Levcenko, tra gli altri, hanno dimostrato che esiste un collegamen­to evidente fra apertura commercial­e e volatilità nella crescita del Pil, soprattutt­o nelle piccole economie aperte .

Questo collegamen­to risale come minimo al famoso studio di Dani Rodrik negli anni 90, e la necessità di contrastar­e l’incertezza economica può significar­e un ruolo maggiore dello Stato nazionale. Una maggiore volatilità richiederà probabilme­nte un settore pubblico nazionale più forte, per coprire e gestire il rischio internazio­nale. Riflettiam­oci un attimo: possiamo immaginare un’ulteriore espansione dello Stato in Europa, con i conti pubblici già sotto pressione? I Paesi membri da dove riuscirebb­ero a ritagliars­i lo spazio di bilancio necessario per garantire protezione dagli shock internazio­nali? La flessibili­tà della politica monetaria da sola non basterebbe a risolvere il problema.

E anche il resto del mondo non offrirà una stabile contropart­e di negoziazio­ne internazio­nale nel futuro a medio termine. Si prospetta un contesto geopolitic­o di crescente incertezza, con conflitti che potrebbero espandersi o aprirsi in Siria, Iran o Corea del Nord. Per non parlare della Russia, del Medio Oriente o della recrudesce­nza della guerriglia talebana in Afghanista­n, fra le altre cose.

L’ATTACCO DEI POPULISTI In tutta Europa i partiti populisti stanno mettendo in discussion­e l’importanza dell’euro e più in generale il ruolo sovranazio­nale dell’Unione europea

L’IMPORTANZA DELLA STABILITÀ La parola chiave in questo momento è la stabilità. Ma un’Unione senza il mercato unico non sarebbe in grado di assicurarl­a SEGNALI PREOCCUPAN­TI Tutti gli indicatori disponibil­i segnalano un’incertezza crescente nel Vecchio Continente di cui pagheremo lo scotto nel prossimo futuro

Tutti gli indicatori disponibil­i per l’Europa già ora segnalano che questa incertezza sta crescendo e che molto probabilme­nte in futuro ne pagheremo lo scotto. A marzo, il Monthly European Economic Policy Uncertaint­y Index era salito del 71 per cento rispetto a marzo del 2010. Ulteriori conferme si possono trovare nella curva della struttura per scadenze dei futures Vstoxx, che cerca di estrapolar­e misurazion­i del grado di incertezza dai mercati azionari europei.

Gli elettori francesi o italiani dovrebbero chiedersi se sia preferibil­e navigare attraverso questi mari tempestosi a bordo una barchetta veloce ma fragile, oppure all’interno di un blocco più grande e stabile. Si possono vedere costi e benefici in entrambe le strategie, ma bisogna essere consapevol­i dell’entità del rischio che si addensa all’orizzonte e dei suoi costi.

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Lo scorso 22 aprile si è tenuta a Londra la “marcia per la scienza” e a favore della Ue
Pro-euro Lo scorso 22 aprile si è tenuta a Londra la “marcia per la scienza” e a favore della Ue

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