«Regeni, la Santa Sede si è mossa»
Sul volo di ritorno dal Cairo intervista collettiva del Papa: «Incontrare Trump? Io ricevo tutti» Francesco e la ricerca della verità per Giulio: «I genitori me lo avevano chiesto»
p «La Santa Sede si è mossa». Poche parole, ma chiare, sulla ricerca della verità relativa alla morte di Giulio Regeni, il giovane ricercatore italiano i cui corpo fu ritrovato il 3 febbraio 2016 su un’autostrada egiziana. Il Papa venerdì ha incontrato il presidente egiziano al-Sisi e nel colloquio il caso Regeni è stato forse affrontato, ma il Papa non lo conferma pubblicamente, né dà ulteriori dettagli. Ma dice di «essere preoccupato» della vicenda: «Mi sono mosso, la Santa Sede si è mossa, perché i genitori me lo hanno chiesto».
E argomenta la propria riservatezza: «Generalmente quando sono con un capo di Stato, in dialogo privato, quello rimane privato », ameno di accordi diversi. L’ affermazione di B ergogli o sul caso Re genie sull’azione discreta ma evidentemente concreta della Santa Sede è un tassello importante della vicenda, che vede i rapporti tra Italia ed Egitto molto difficoltosi: il nuovo ambasciatore italiano al Cairo non si è mai insediato e quello egiziano a Roma resta richiamato nel proprio Paese. Nell’ “intervista collettiva” in aereo Bergoglio allarga la visuale anche su altri temi.
Rischio nucleare e dialogo
Il tema dell’escalation attorno alla Corea del Nord e alle azioni messe in campo specie dagli Stati Uniti è ben presente al Papa: cosa dirà a Donald Trump, se lo incontrerà? Francesco ricorda che spesso chiama i leader del mondo, «li chiamo e li chiamerò come ho fatto con altri, per un lavoro mirato a risolvere i problemi sulla strada della diplomazia, usando i facilitatori. Paesi come la Norvegia, per esempio. La strada è il negoziato, la soluzione diplomatica». E ricorda la sua espressione della «guerra mondiale combattuta a pezzi»: «Ma i pezzi si sono ampliati e concentrati in punti che già erano caldi. Questo dei missili in Corea è da più di un anno che sta andando avanti, ora si sta scaldando». E ribadisce: «Serve il negoziato, la strada diplomatica». Perché «una guerra allargata distruggerà buona parte dell’umanità e della cultura. Guardiamo a quei Paesi che soffrono una guerra interna, in Medio Oriente, in Africa, nello Yemen: fermiamoci, cerchiamo una soluzione diplomatica». Con un richiamo all’Onu, che deve «riprendere la sua leadership che si è un po’ annacquata». Ma poi vedrà Trump quando a fine mese sarà in Europa per il G7 di Taormina? «Io non sono stato informato dalla segreteria di Stato di una richiesta, ma ricevo ogni capo di Stato che fa richiesta».
I populismi e il voto francese
Il tema dei populismi – evocato come rischio di nuovo al Cairo – è nell’agenda del Papa. L’ha evocato ben quattro volte, specie per l’Europa: a Strasburgo, al premio Carlo Magno e per i 60 anni dei Trattati. «Ogni Paese è libero di fare le scelte che creda convenienti». Ma per tutti c’è un rischio: «È vero che l’Europa è in pericolo di sciogliersi, questo è vero, dobbiamo meditare su questo». C’è sul tavolo per tutti il nodo dell’immigrazione, ma «non bisogna dimenticare che l’Europa è stata fatta da migranti, secoli e secoli di migranti, siamo noi. È un problema che si deve studiare bene, rispettare le opinioni di tutti e fare una discussione politica con la P maiuscola, non la piccola politica del singolo Paese».
Poi le elezioni francesi con il ballottaggio alle porte Macronle Pen, e il ruolo dei cattolici. «Non capisco la politica interna francese» ammette Francesco, e ricorda di aver «cercato di avere buoni rapporti anche con il presidente attuale (Hollande, ndr) con cui una volta c’è stato un conflitto (per la legislazione sui ma- trimoni, ndr) ma con lui ho parlato di molte cose. I due candidati: non so la storia, non so da dove vengono. So che una è un rappresentante della destra forte, ma l’altro non so davvero da dove viene, non posso dare un’opinione della Francia”.
E i cattolici? Il Papa ricorda che una persona tempo fa gli ha riparlato della creazione di un partito di cattolici: «Questo signore è buono – ha detto - ma vive nel secolo scorso». Con un richiamo che per lui vale sempre: «Io non mi immischio» nei fatti interni dei governi.
I “campi” per i rifugiati
Poi una domanda sulla sua recente affermazione che molti campi di rifugiati sono campi di concentramento, cosa che in Germania ha suscitato un certo scalpore. «Non è stato un lapsus – ribadisce il Papa, che ricorda il viaggio a Lesbo di un anno fa, al centro delle rotte dei rifugiati nel Mediterraneo – pensate a persone rinchiuse, che non possono uscire». Infine un passaggio sulla «difesa dei cristiani», in molti Paesi perseguitati. «Io ho parlato dei valori in se stessi, di difendere la pace, l’armonia dei popoli, l’uguaglianza dei cittadini, qualsiasi sia la religione che professano. Sono valori e io ho parlato dei valori. Se un governante difende uno o l’altro di questi valori è un altro problema».
IL DRAMMA DEI RIFUGIATI Parlare di profughi in campi di concentramento non è stato un lapsus: «Pensate a persone rinchiuse, che non possono uscire»