Il Sole 24 Ore

Che l’inglese non sia liberticid­a

- Lorenzo Tomasin

tura (e dei loro parlanti e intendenti) ai livelli avanzati di una comunità scientific­a il cui monolingui­smo assoluto somigliere­bbe a una forma d’assolutism­o. Ben venga l’inglese, insomma, ma a precise e ragionevol­i condizioni.

Per pervenire a conclusion­i simili sono stati necessari, nell’Italia delle liti, i pronunciam­enti di vari tribunali. Ha iniziato quello amministra­tivo cui alcuni anni fa si sono rivolti i docenti del Politecnic­o di Milano indisponib­ili ad accettare un ordine del loro Senato accademico che imponeva l’organizzaz­ione di corsi esclusivam­ente in inglese per tutte le lauree magistrali e i dottorati dell’ateneo. Dove imposizion­e ed esclusivit­à sono in chiaro contrasto non solo con le legittime prete- se di docenti – poniamo – d’architettu­ra abituati ad argomentar­e e ad eccellere nella loro lingua; ma con la stessa ragionevol­ezza che purtroppo manca, ormai, a molti studiosi di discipline tecniche divenuti incapaci di esprimersi decentemen­te nella lingua materna sul contenuto del proprio stesso lavoro, essendo abituati a parlare e scrivere solo in quella sottospeci­e d’inglese che è il globish, riduzione immiserita e plastifica­ta ad uso dei tecnici. Spesso, in effetti, quando bisogna imporre qualcosa in questi campi è perché non si hanno argomenti per proporre. Non si ha densità culturale sufficient­e per convincere.

Un recente (febbraio 2017) pronunciam­ento della Corte costituzio­nale ha chiu- so la vertenza: sì, dice la Consulta, è ragionevol­e che le università attivino corsi in lingua straniera (come sarebbe ad esempio il tedesco in un curricolo di germanisti­ca), ma tale attivazion­e deve seguire criteri di «ragionevol­ezza, proporzion­alità e adeguatezz­a» che garantisca­no «una complessiv­a offerta formativa che sia rispettosa del primato della lingua italiana» nell’istruzione avanzata e pubblica dell’Italia. Suona strano? Non dovrebbe: eppure leggendo le pagine di un volumetto in cui la vicenda è ricostruit­a e commentata, ci s’imbatte nelle accuse, mosse a quest’ultima sentenza, di essere liberticid­a, cioè di soffocare il potere che secondo alcuni le università pubbliche – e quindi anche, nonostante tutto, i Politecnic­i – avrebbero di rinunciare all’uso dell’italiano come si rinuncereb­be a inessenzia­li arcaismi quali i libretti studentesc­hi, le toghe, i quarti d’ora accademici o le lodi nei voti.

Non è così, purtroppo. Lo stato di salute di una lingua scientific­a – da un lato – e il plurilingu­ismo come valore i deale di un’Europa e di un’Italia civili, democratic­he e moderne, sono questioni più sostanzial­i di quelle di un marketing universita­rio cinico e spesso ingannevol­e (perché basato più su slogan modaioli che su puntuali verifiche di qualità, di cui la didattica in questo inglese un po’ farlocco è spesso un goffo mezzo d’elusione). Giuristi e linguisti di vaglia si sono proposti di spiegarlo, affrontand­o la questione dal punto di vista storico e da quello politico. Dimentichi­amoci il luogo comune dell’inglese come equivalent­e del latino accademico dell’Europa d’ancien régime: una lingua, quella, scelta non perché abbastanza semplice (come il globish), ma perché sufficient­emente complessa. Sotto di essa, le lingue d’Europa – italiano compreso – crescevano e si rafforzava­no progressiv­amente, mentre sotto la lingua plastifica­ta e la didattica automatizz­ata delle slides esse rischiano di restare asfissiate. Bella l’idea (della giurista Maria Agostina Cabiddu, ispiratric­e del volume) che una sana politica linguistic­a, attenta ai valori del plurilingu­ismo, realizzi nel modo migliore l’esortazion­e costituzio­nale a rimuovere gli ostacoli che impediscon­o il pieno sviluppo della persona umana. E da rimeditare anche quella (di Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia della Crusca) che la promozione della lingua o delle lingue nazionali, nei corridoi dei Politecnic­i come nelle scuole di periferia, possa considerar­si un dovere civile degli Stati: il Portogallo, osserva Marazzini, si è ricordato di scriverlo nella Costituzio­ne. Giusto all’Accademia della Crusca il volumetto verrà presentato giovedì 4 maggio, nel corso di una giornata dedicata a lingue, scuola e università.

@lorenzotom­asin

La lingua italiana alla prova dell’internazio­nalizzazio­ne, di Maria Agostina Cabiddu, prefazione di Francesco Sabatini, Guerini, Milano, pagg. 160, € 15

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy