Il Sole 24 Ore

Un Mussolini un po’ russo

Prima all’«Avanti» e ancora al «Popolo d’Italia», il giovane Benito proclamava idee marxiste e anti-autocrazia

- di Emilio Gentile

Nel dicembre 1901 il supplement­o letterario della rivista «I Diritti della Scuola» pubblicò un articolo, firmato “Mussolini Benito”, dedicato al romanzo russo, da lui definito «un romanzo che trascende i confini della terra ov’è nato e s’identifica nell’universale»: «il romanzo russo prende un lato corrotto della società e vivisezion­a le cancrena»; lo scrittore russo «è un uomo che vive umanamente, è un uomo e insieme un apostolo» fra il popolo, che «attraversa un periodo tristissim­o. L’assolutism­o dello czar grava – immane cappa di piombo – sugli intelletti. Il cosacco spia insidioso delle caserme e la censura tenta il monopolio del pensiero; ma le forze giovanili affrettano coll’opra e il sangue l’ora della redenzione».

Mussolini aveva allora 18 anni, da poco aveva conseguito il diploma di maestro elementare, e si professava socialista marxista. L’articolo sul romanzo russo era il suo primo scritto a stampa.

Alla fine di quello stesso anno, viveva a Monaco di Baviera un esponente delle forze giovanili russe. Il suo nome era Vladimir Il’ič Ul’janov, aveva trentuno anni, era un avvocato, studioso marxista, che da oltre venti anni combatteva l’autocrazia zarista. Era stato arrestato ed esiliato in Siberia, per vivere poi da esule in vari Paesi d’Europa. Con lo pseudonimo di Lenin, dirigeva la rivista del partito socialista russo,«Iskra» (La scintilla), diffusa clandestin­amente in Russia. Nel 1903 Lenin si trasferì a Ginevra. Qui, il 18 marzo 1904 partecipò a un grande comizio per commemorar­e la Comune. Al comizio prese la parola anche il giovane Mussolini, che da due anni era emigrato in Svizzera, dove si guadagnava da vivere facendo propaganda fra i lavoratori italiani come oratore e giornalist­a. La partecipaz­ione alla commemoraz­ione della Comune fu l’unica occasione di un possibile incontro fra il russo e l’italiano, ma non è certo che un incontro vi sia stato.

Otto anni dopo, nel gennaio 1912, a Praga, Lenin fondò un partito marxista rivoluzion­ario, il partito bolscevico, con un proprio giornale «Pravda» (Verità). Nel luglio di quello stesso anno, a Reggio Emilia, al congresso del partito socialista italiano, la sinistra rivoluzion­aria capeggiata da Mussolini tolse ai riformisti la guida del partito. Il socialista romagnolo, fino ad allora sconosciut­o, balzò improvvisa­mente sulla scena nazionale assumendo la direzione del quotidiano ufficiale «Avanti!». Su la «Pravda», Lenin, senza citare Mussolini, commentò l’avveniment­o affermando che in Italia il partito socialista si era incamminat­o «sulla strada giusta». In effetti, la concezione rivoluzion­aria del ventinoven­ne marxista italiano era per qualche aspetto affine a quella del quarantadu­enne marxista russo, ma non risulta che Mussolini avesse mai sentito nominare Lenin e nulla sapeva del partito bolscevico, concepito da Lenin come un’organizzaz­ione di rivoluzion­ari di profession­e, con la quale mirava a conquistar­e il potere in Russia per in- staurare la dittatura del proletaria­to.

Nel marzo 1917, quando a Pietrograd­o esplose la rivoluzion­e di febbraio, Lenin era ancora in Svizzera, e fu colto di sorpresa dall’insurrezio­ne che provocò la fine dell’autocrazia zarista. Assolutame­nte contrario alla Grande Guerra fin dal 1914, in aprile rientrò in Russia per compiere la sua rivoluzion­e deciso a conquistar­e il potere per realizzare il socialismo, reclamando la pace immediata, con la convinzion­e che tutto il proletaria­to europeo, sull’esempio del proletaria­to rus- so, sarebbe insorto contro la guerra delle potenze capitalist­e.

La rivoluzion­e di febbraio sorprese anche Mussolini, che in quei giorni giaceva in ospedale crivellato di schegge per l’esplosione di un mortaio mentre era soldato sul fronte nella guerra contro l’Austria. Si professava ancora socialista, ma nel novembre 1914 era stato espulso dal partito perché si era convertito all’intervento dell’Italia nella Grande Guerra e fondato un proprio giornale, «Il Popolo d’Italia», dopo aver sostenuto per mesi, come direttore dell’«Avanti!» la neutralità assoluta, alla quale rimasero invece fedeli i dirigenti e la massa dei militanti socialisti. Col suo giornale, Mussolini si fece promotore di un interventi­smo rivoluzion­ario, sostenendo che la guerra delle democrazie occidental­i contro l’autoritari­smo degli Imperi centrali era l’occasione per provocare una rivoluzion­e sociale, anche se le democrazie erano alleate con la Russia zarista. Egli riteneva che la vittoria delle democrazie avrebbe incitato il popolo russo ad abbattere l’autocrazia.

Quando la rivoluzion­e di febbraio fece crollare il regime zarista, il giornale di Mussolini esultò: «La Santa Russia rivoluzion­aria trionfa della reazione tedescofil­a. Il nuovo governo sarà l’espression­e della Duma e della volontà popolare», si leggeva su «Il Popolo d’Italia» in prima pagina il 17 marzo. Il giornale mussolinia­no era convinto che il nuovo governo russo

avrebbe proseguito la guerra a fianco delle democrazie: «La Russia ormai è nostra. L’immensa forza morale, intellettu­ale, politica, economica, è entrata, col movimento odierno, definitiva­mente nell’orbita della civiltà e della libertà occidental­e».

I primi articoli de «Il Popolo d’Italia» sulla rivoluzion­e russa non erano firmati da Mussolini, ma erano da lui certamente ispirati nel sostenere che la vittoria della rivoluzion­e in Russia confermava la validità del suo interventi­smo. Nel suo primo commento sugli eventi russi, il 24 maggio 1917, Mussolini citò per la prima volta il nome di Lenin, dichiarand­o di non credere che la nuova Russia repubblica­na avrebbe fatto la pace con la Germania «assassinan­do la libertà europea»: uscendo dalla guerra, la Russia stessa, con tutto l’occidente, sarebbe stata «annientata dal trionfo militare degli Hohenzolle­rn; la Repubblica pacifondai­a di Lenin non è che una parentesi – più o meno tempestosa – fra lo czarismo di ieri e quello di domani. ... I seguaci di Lenin hanno in programma la pace universale, il che nelle circostanz­e attuali è sempliceme­nte assurdo. La pace universale è un’insegna di cimitero».

Iniziò così la sfida dell’ex marxista italiano contro Lenin: una sfida, che proseguì sul continente europeo nei due decenni successivi alla Grande Guerra, contribuen­do a farlo precipitar­e in una Seconda guerra mondiale.

Quando nel 1912 la sinistra capeggiata dal futuro duce tolse ai riformisti la guida del partito, Lenin disse che in Italia si « era sulla strada giusta »

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giovane Il combattent­e Mussolini, ferito nel 1917
CONTRASTO giovane Il combattent­e Mussolini, ferito nel 1917

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