Dietro il mito del «gold standard»
Nei quarantacinque anni che ci separano dalla prima edizione di Moneta e impero (1971) di Marcello de Cecco gli studi sull’imperialismo britannico e sul valore che esso attribuiva alle strutture organizzative su cui si basava hanno compiuto passi avanti rivoluzionari. L’analisi ha mostrato quanto le relazioni economiche internazionali prima della Grande guerra reggessero un edificio teso a garantire la stabilità politica del sistema internazionale del XIX secolo: un “sistema imperiale” che aveva il suo cuore e il suo cervello a Londra. Questo accadeva sebbene la Gran Bretagna fosse stata – già dal 1870 – superata dagli Stati Uniti in termini di reddito nazionale complessivo. Ciò che ancora qualificava quella britannica come nazione egemone era un insieme di cause riconducibili a un dominio tecnico privo di reali antagonisti, una leadership nel controllo del flusso finanziario generato dalle colonie, nel dominio dei mercati delle materie prime, nella capacità d’intermediazione finanziaria della City. Ma, soprattutto, la Gran Bretagna era il centro del sistema internazionale dei pagamenti grazie al deficit commerciale con i paesi industrializzati e al surplus con il proprio impero che assorbiva la parte più consistente delle sue esportazioni. De Cecco si dedicò allo studio dello sterling standard – il meccanismo monetario intorno al quale era stata rinforzata l’egemonia britannica – mentre l’epoca dei cambi fissi varata dopo la Seconda guerra mondiale si avviava al tramonto, cosicché egli stesso riconosce quanto il parallelismo tra i due modelli imperiali fosse evidente. Ciò che rende questo uno studio esemplare, ciò che ha determinato la sua fortuna, non riguarda, però, solo la capacità di instaurare un parallelo tra l’attualità politica dell’epoca in cui fu pensato e scritto e il momento storico di cui si occupa. Ciò che fa di Moneta e impero un libro fondamentale è il modo, la forma con cui il testo risponde a domande sostanziali sul nervus rerum delle relazioni internazionali, la fede nella validità del modello centro-periferia nell’analizzare le relazioni economiche internazionali, la certezza che il mercato è luogo di rapporti di forza.
La limpidezza delle argomentazioni che ha fatto di de Cecco un modello di profondità analitica si misura qui con il mito del gold standard. Si tratta di un mito frainteso, divenuto col tempo una specie di pietra filosofale, sopravvissuto al suo collasso, la cui fortuna portò al tentativo di una sua restaurazione tra la metà degli anni Venti e il 1933. Quel sistema è qui analizzato in un intervallo temporale che coincise con una globalizzazione accelerata dall’espansione delle istituzioni creditizie, dal formarsi del mercato finanziario e dal contemporaneo acuirsi delle tensioni fra gli imperi che avrebbero determinato una fase di fibrillazione destinata a sciogliersi nell’apocalisse della Prima guerra mondiale. Un periodo nel quale il sistema conobbe scosse interne provocate dall’ineluttabile vocazione della banca omnibus a soppiantare in tutte le loro funzioni le istituzioni finanziarie specializzate.
L’analisi si sviluppa spiegando le ragioni della stabilità del sistema monetario internazionale nel quarto di secolo che precedette la crisi dell’estate del 1914, il funzionamento degli ingranaggi del monometallismo aureo, le variabili che lo misero in discussione e poi in crisi, gli elementi di sopraffazione che esso conteneva. Così facendo l’autore spiega i paradossi del gold standard divenuto sistema universale per aumentare i controlli statali sulle questioni monetarie: ovunque l’adozione del sistema aureo comportò, infatti, la creazione di una Riserva aurea centrale e di un’autorità che la gestisse.
E se all’epoca della prima uscita di questo volume le evidenze documentarie che de Cecco portava a sostegno della sua ricostruzione della trasformazione del sistema finanziario inglese riuscirono a mettere in discussione le letture più consolidate, il libro seguita a spiegare quanto moneta e finanza siano una parte inscindibile dell’economia reale, e quanto esse siano profondamente imbevute di politica e, per loro tramite, quest’ultima si compenetri nei fenomeni economici, talvolta prevalendo sugli stessi. Per questo Moneta e impero è un classico.
Marcello de Cecco, Moneta e impero. Economia e finanza dal 1890 al 1914. A cura di Alfredo Gigliobianco, Donzelli, Roma, pagg. XXVIII- 284, € 32. Martedì 2 maggio, a Roma, alle 16,30, alla Fondazione Basso ( Via della Dogana Vecchia, 5), Mauro Campus e Giorgio Fodor discutono con Alfredo Gigliobianco del libro ora riedito