Il Colosso: trovate le date
| Nuove ricerche hanno datato il Colosso: il tronco risale al IV-VI secolo, gli arti al XIV secolo alla sua identificazione.
Situato lungo un fianco della chiesa di San Sepolcro a Barletta, il Colosso attrae l’osservatore più per il gigantismo che per l’alta qualità estetica. Lo sguardo accigliato, fiero e quasi feroce dell’imperatore è raro a trovarsi, ma insufficiente alla proposta di un nome sicuro, da che la gremita serie di candidature proposte dagli studiosi nell’arco di cinquant’anni. Nel Colosso sono stati variamente riconosciuti gli imperatori Eraclio, anticamente abbreviato in Erà o Aré, Marciano, Onorio, Valentiniano III, Teodosio, Giustiniano, una sfilata, disseminata nell’arco di due secoli dal IV al VI, che trova giustificazione in motivazioni più storiche che somatiche. Nel contempo l’unicità di questa statua di bronzo fuso accresce gli enigmi per l’assenza, in occidente come in oriente, di esemplari consimili. Oltre al problema irrisolto dell’identificazione, altri riguardano l’epoca di esecuzione e la provenienza.
Del Colosso si hanno notizie a partire dal 1309, anno in cui un editto di Carlo d’Angiò concedeva ai domenicani di Manfredonia di fondere le gambe del gigante - allora probabilmente malconcio e confinato nella zona della darsena di Barletta in prossimità del molo - per utilizzare il bronzo per una campana. Tale “riuso” denuncia le condizioni di abbandono in cui il Colosso versava. L’eccellente restauro compiuto nel 1982 ha stabilito che le nuove braccia, quasi per intero, e le gambe furono aggiunte in tempi molto distanti della realizzazione del tronco e della testa fra loro coevi e certamente originali. L’integrazione dovette essere ultimata prima del 1442, quando nella piazza antistante la chiesa si allestiva il mercato, sotto gli occhi del gigantesco imperatore bizantino, ormai ricomposto di braccia e gambe stilisticamente affini alla testa e al tronco, sì che la statua oggi non manifesta vistose sproporzioni, mentre la buona fattura degli arti aggiunti è la prova di come fosse cara alla città.
Si torna a parlar di questa straordinaria opera perché il Comune di Barletta, alcuni mesi fa, ha incaricato il laboratorio di Archeometria dell’università di Milano Bicoc-