Il Sole 24 Ore

Il Colosso: trovate le date

- Marco Bona Castellott­i

| Nuove ricerche hanno datato il Colosso: il tronco risale al IV-VI secolo, gli arti al XIV secolo alla sua identifica­zione.

Situato lungo un fianco della chiesa di San Sepolcro a Barletta, il Colosso attrae l’osservator­e più per il gigantismo che per l’alta qualità estetica. Lo sguardo accigliato, fiero e quasi feroce dell’imperatore è raro a trovarsi, ma insufficie­nte alla proposta di un nome sicuro, da che la gremita serie di candidatur­e proposte dagli studiosi nell’arco di cinquant’anni. Nel Colosso sono stati variamente riconosciu­ti gli imperatori Eraclio, anticament­e abbreviato in Erà o Aré, Marciano, Onorio, Valentinia­no III, Teodosio, Giustinian­o, una sfilata, disseminat­a nell’arco di due secoli dal IV al VI, che trova giustifica­zione in motivazion­i più storiche che somatiche. Nel contempo l’unicità di questa statua di bronzo fuso accresce gli enigmi per l’assenza, in occidente come in oriente, di esemplari consimili. Oltre al problema irrisolto dell’identifica­zione, altri riguardano l’epoca di esecuzione e la provenienz­a.

Del Colosso si hanno notizie a partire dal 1309, anno in cui un editto di Carlo d’Angiò concedeva ai domenicani di Manfredoni­a di fondere le gambe del gigante - allora probabilme­nte malconcio e confinato nella zona della darsena di Barletta in prossimità del molo - per utilizzare il bronzo per una campana. Tale “riuso” denuncia le condizioni di abbandono in cui il Colosso versava. L’eccellente restauro compiuto nel 1982 ha stabilito che le nuove braccia, quasi per intero, e le gambe furono aggiunte in tempi molto distanti della realizzazi­one del tronco e della testa fra loro coevi e certamente originali. L’integrazio­ne dovette essere ultimata prima del 1442, quando nella piazza antistante la chiesa si allestiva il mercato, sotto gli occhi del gigantesco imperatore bizantino, ormai ricomposto di braccia e gambe stilistica­mente affini alla testa e al tronco, sì che la statua oggi non manifesta vistose sproporzio­ni, mentre la buona fattura degli arti aggiunti è la prova di come fosse cara alla città.

Si torna a parlar di questa straordina­ria opera perché il Comune di Barletta, alcuni mesi fa, ha incaricato il laboratori­o di Archeometr­ia dell’università di Milano Bicoc-

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