Bellezza e sapienza del kimono S
i potrebbe scrivere una storia dell’arte secondo il kimono. Da quando il Giappone, a metà Ottocento, accennò ad aprirsi all’Occidente, il flusso di merci e la potente contaminazione culturale di un mondo irrimediabilmente “altro” come era l’impero del Sole, diede vita a un intenso – se si vuole anche ingenuo ma non di meno vissuto con trasporto – “giapponismo”. I francesi impazzivano. Il culto del bello che fioriva in Giappone, assai diverso da quello nostro, attirava pittori, artisti, intellettuali, collezionisti. Forse avrete presente un quadro di André Derain (andò all’asta anni fa quotato cifre milionarie ma invenduto) del 1905: «La signora Matisse in kimono». Era un bellissimo kimono bianco e blu: il pattern era quello delle onde, forse a ricordare quella celebre di Hokusai. La signora Matisse fu dipinta più volte, anche dallo stesso marito, con quell’abito, di cui era evidentemente innamorata. Ma non solo gli impressionisti (Camille Monet fu pure ritratta con la veste e Van Gogh disegnò geishe in kimono), i post, e i fauve: i kimono attraversano l’arte dell’epoca dalle cartoline e ai manufatti cartacei più comuni fino all’opera lirica. Un trionfo di colori, raffinatezza e bellezza;