Il Sole 24 Ore

«La trasparenz­a Pa uno strumento per le imprese»

- di Gianni Trovati

«Il Foia può diventare uno strumento formidabil­e per le imprese sane, che spesso vivono uno svantaggio competitiv­o per l’asimmetria informativ­a rispetto a chi all’interno dell’amministra­zione ha più forza o sempliceme­nte più cono- scenze». Lo spiega la ministra per la Semplifica­zione e la Pubblica amministra­zione, Marianna Madia, a quattro mesi dal debutto del Foia, il Freedom of informatio­n act che ha dettato le nuove regole della trasparenz­a nella Pa italiana.

«Il Foia può diventare uno strumento formidabil­e per le imprese sane, che spesso vivono uno svantaggio competitiv­o per l’asimmetria informativ­a rispetto a chi all’interno dell’amministra­zione ha più forza o sempliceme­nte più conoscenze. I risultati dei primi mesi di applicazio­ne sono in linea con le nostre aspettativ­e, ma sono solo l’inizio, perché riforme come questa hanno bisogno di farsi spazio nella cultura della Pa e dei cittadini portatori di diritti».

Alla trasparenz­a “modello inglese” la ministra per la pubblica amministra­zione e la semplifica­zione, Marianna Madia, ha attribuito un’importanza centrale fin dall’inizio di una riforma della Pa che tra pubblico impiego e partecipat­e ha spesso occupato il dibattito con temi più “pesanti”. I primi numeri sul Foia, sia quelli più positivi che si registrano nella Pa centrale sia quelli più controvers­i che si incontrano sul territorio, non bastano però a capire se l’esperiment­o ha funzionato.

Ministra, i «cambi culturali» per attuare le riforme sono concetti affascinan­ti, ma per realizzars­i hanno bisogno di azioni concrete. Quali sono quelle necessarie a far sviluppare il Foia?

La prima è il monitoragg­io costante delle risposte date dagli enti pubblici alle richieste dei cittadini: si tratta di un monitoragg­io non solo a uso e consumo della Pa, perché, come prevedono anche le linee guida dell’Anac, i dati andranno pubblicati sui siti degli enti per generare un controllo sociale sul tema. La seconda leva è la formazione e proprio per questa ragione abbiamo deciso di concentrar­e le risorse del Pon governance sull’attuazione della riforma, e quindi anche sulla formazione delle amministra­zioni in fatto di trasparenz­a. E poi occorre che cittadini e imprese sviluppino una compiuta consapevol­ezza dei loro diritti, e per questo serve un dibattito pubblico diffuso.

Non è possibile ipotizzare anche sanzioni che “aiutino” questa evoluzione colpendo chi fa resistenza passiva alla trasparenz­a?

Bisogna distinguer­e i casi. Per le Pa che non rispondono, e che quindi ignorano il diritto di sapere, è bene ribadire che i meccanismi sanzionato­ri esistono già, perché possono scattare le responsabi­lità dirigenzia­li che incidono sulla re- tribuzione di risultato, e si può arrivare al danno d'immagine sanzionato dalla Corte dei conti. Le mancate risposte, da monitorare, restituisc­ono infatti il dato di un'amministra­zione opaca che non rispetta la legge. Diverso è il caso di chi nega l'accesso a documenti che, invece, dovrebbero essere mostrati ai richiedent­i.

Diverso, ma altrettant­o grave.

Proprio per questa ragione abbiamo evitato introdurre un ulteriore livello di “giudizio”, che avrebbe complicato il quadro senza dare risposte definitive. Per risolvere il problema la legge offre, infatti, un doppio strumento: una soluzione stragiudiz­iale davanti al responsabi­le della trasparenz­a o al difensore civico, dov'è istituito, e se questo primo passaggio non è sufficient­e si può ricorrere al giudice amministra­tivo.

Il peso del responsabi­le anti-corruzione è centrale sia nel valutare la propria amministra­zione sia nel dare risposte ai cittadini. Ma le Pa ne sono consapevol­i? E mettono le persone giuste in quel ruolo?

Il responsabi­le anti-corruzione fa parte dello stesso processo che ha portato alla nascita e allo sviluppo dell’Anac e sta crescendo insieme all’Autorità.

Anche cittadini e imprese, però, vanno “formati”.

Da questo punto di vista è importante che le associazio­ni, anche quelle di categoria, facciano vivere le nuove regole per renderle un’abitudine degli operatori economici. In prospettiv­a, il Foia può essere uno strumento per aiutare a decidere se investire in questo o quel territorio, per esempio sulla base dei tempi medi impiegati dalle amministra­zioni nel rilasciare le autorizzaz­ioni: indagini preventive basate su dati certi, e non su sensazioni.

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Ministra. Marianna Madia

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