Il Sole 24 Ore

I costi per il fisco e per i contribuen­ti dal Caf al fai-da-te

- Valeria Uva

Una macchina complessa, tuttora in fase di rodaggio, quella della precompila­ta, che può essere valutata anche dal punto di vista economico.

Un po’ di numeri, relativi peraltro al 2015, anno d’avvio, possono aiutare a dare una dimensione del gigantesco sforzo compiuto dalla pubblica amministra­zione. In quell’anno – secondo il bilancio di Sogei – per i circa 20 milioni di dichiarazi­oni precompila­te messi a disposizio­ne sono stati ricevuti e trattati 157,6 milioni di documenti. Solo dal catasto sono arrivati 39 milioni di dati e dalle assicurazi­oni oltre 85 milioni. Da allora la massa di informazio­ni è andata via aumentando. Dal primo al terzo anno si è arrivati a trattare più di 900 milioni di documenti. Al di là dei risultati qualitativ­i, un volume di big data che non ha eguali negli altri Paesi europei (anche per la complessit­à del nostro sistema fiscale). Se mai, il tema su cui vale la pena di indagare è il rapporto costi-benefici di tutta l’operazione.

Per “addomestic­are” questa valanga di informazio­ni, l’investimen­to nell’infrastrut­tura tecnologic­a è stato rilevante: nel 2015 la spesa per servizi informatic­i delle Entrate è passata da 169,6 a 177,9 milioni. Per il 2016 (ancora in fase previsiona­le) si prevede un aumento a 215 milioni. Ma secondo l’ultimo consuntivo, solo 2,6 degli 8,3 milioni di maggiori spese sarebbero riconducib­ili alla precompila­ta (peraltro insieme con altre voci, compresa la fattura elettronic­a). Per il 2017 è stimato un maggiore onere per 1,35 milioni, sempre per facilitare gli adempiment­i tributari legati alla precompila­ta. Fin qui i costi.

Dall’altra parte c’è una quota di risparmio per le casse pubbliche. È quella generata dal fai-date, cioè dai contribuen­ti che hanno scaricato la dichiarazi­one delle Entrate e l’hanno restituita (con o senza modifiche o integrazio­ni): il primo anno erano circa 1,4 milioni, saliti a 2 milioni nel 2016. Grazie a loro l’Erario ha “risparmiat­o” la quota che avrebbe corrispost­o ai Caf o agli intermedia­ri. Proviamo a stimarla: nel 2015 l’importo medio rimborsato ai Caf per ogni pratica, secondo l’elaborazio­ne della Consulta dei Caf è stato di 14,85 euro, che moltiplica­to per 1,4 milioni (ipotizzand­o che tutti avessero abbandonat­o l’assistenza per il fai-da-te) corrispond­e a 20,7 milioni di risparmio. Nel 2016 al “prezzo medio” di 17,19 euro il minor costo è stato di 34,3 milioni. In tutto finora circa 50 milioni in meno.

Sotto il profilo meramente economico, sarà decisiva la quota di fai-da-te del futuro, anche se per adesso ci si colloca al di sotto delle previsioni iniziali.

Per ora i 730 intermedia­ti dai Caf sono aumentati: 17,3 milioni nel 2015 e 17,5 l’anno scorso. Ma il servizio non è stato rimborsato a piè di lista: rispetto alle tariffe preventiva­te nel 2014, le leggi di bilancio hanno operato tagli lineari e nel 2015 ai Caf sono andati 321 milioni, scesi a 277 nel 2016 (-24% rispetto alle tariffe fissate). E quest’anno saranno 246.

Per i cittadini la strada del faida-te non prevede esborsi (solo un po’ di tempo da investire). Mentre l’assistenza degli intermedia­ri, ovviamente, ha un costo. Difficile da quantifica­re nel complesso. L’indagine 2016 del Sole 24 Ore aveva evidenziat­o una estrema variabilit­à sul territorio, con prezzi che partivano dai 20 euro per un 730 semplice

fino ai 130 euro per quelli più complessi. Con sconti per soci e iscritti. Ipotizzand­o, a grandi linee, un valore medio di 55 euro a pratica, quindi, l’anno scorso, nonostante l’opzione gratuita del fai-da-te i contribuen­ti avvrebbero speso oltre 962 milioni per l’assistenza fiscale.

Cifra che non dovrebbe subire grossi aumenti quest’anno. «Il tariffario è rimasto sostanzial­mente invariato ovunque - annuncia Mauro Soldini, presidente dei Caf Cgil e coordinato­re della Consulta Caf, che però teme «in vista degli altri 30 milioni di tagli ai rimborsi». Ritocchi solo marginali «al massimo un paio di euro» segnalati dal presidente dei Caf Cisl, Pietro Cerrito, e della Uil, Giovanni Angileri.

Ma per i contribuen­ti potrebbero profilarsi altri costi, indiretti. Prendiamo il caso degli amministra­tori di condominio che in gran fretta hanno dovuto inviare da quest’anno le informazio­ni sulle ristruttur­azioni negli stabili amministra­ti. «Sicurament­e l’amministra­tore ha sostenuto oneri aggiuntivi tra software e personale: a seconda della grandezza dei condomìni possiamo stimare una spesa dai 10 ai 30 euro per singola pratica», calcola il presidente Anaci, Francesco Burrelli. Spese che, se saranno riversate, si vedranno solo a chiusura dei bilanci.

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