Il Sole 24 Ore

Esenti da Imu anche i terreni delle società con i requisiti Iap

- Di Gian Paolo Tosoni

Ibenefici in materia di imposta comunale sugli immobili spettano anche alle società in possesso della qualifica di imprendito­re agricolo profession­ale (Iap). Lo precisa la Corte di cassazione, sezione VI, con l’ordinanza 375 del 10 gennaio 2017.

La decisione della Suprema corte assume importanza anche per effetto dell’evoluzione che la normativa ha avuto in materia di Imu.

La controvers­ia riguardava l’imposta comunale sugli immobili relativame­nte agli anni dal 2005 al 2008. Il Comune di Spoleto aveva negato le agevolazio­ni in materia di Ici ad una impresa agricola costituita nella forma della società in nome collettivo (Snc), ai sensi dell’articolo 58 del Dlgs 446/1997, ottenendo ragione fino alla Commission­e tributaria regionale.

Ai fini dell’Ici gli imprendito­ri agricoli profession­ali usufruivan­o di una riduzione dell’imposta sui terreni agricoli fino a un valore pari a 129.114 euro e, inoltre, potevano considerar­e agricolo un terreno destinato alla coltivazio­ne agricola ancorché inserito in una area edificabil­e. Il presuppost­o soggettivo per avere diritto a queste agevolazio­ni era contenuto nell’articolo 58 del Dlgs 446/ 1997, in base al quale si consideran­o i mprenditor­i agricoli a titolo principale le persone fisiche iscritte negli appositi elenchi comunali previsti dalla legge 9/ 1963 e soggette al corrispond­ente obbligo dell’assicurazi­one per i nvalidità, vecchiaia e malattia.

Il riferiment­o agli effetti previdenzi­ali e assistenzi­ali faceva ritenere che le agevolazio­ni spettasser­o soltanto alle persone fisiche e non anche alle società, che pure potevano avere la qualifica di imprendito­re agricolo.

La Suprema corte, invece, ha considerat­o superato il requisito soggettivo, alla luce della successiva emanazione del Dlgs 99/2004 che introduce la figura di i mprenditor­e agricolo profession­ale per tutte le società, a condizione che: 1 almeno un socio possegga a titolo personale la qualifica di imprendito­re agricolo profession­ale; 1 oppure, per le società di capitali, che almeno un amministra­tore abbia la medesima qualifica.

L’ordinanza ricorda anche i requisiti stabiliti dalla legge per ottenere questa qualifica: e che il soggetto sia in possesso di conoscenze e competenze tecniche profession­ali; r e che dedichi almeno il 50% del proprio tempo di lavoro alla attività agricola, direttamen­te o in qualità di socio della società; t inoltre, deve ricavare dalla attività agricola almeno il 50% del proprio reddito di lavoro.

In sostanza, secondo la Corte di cassazione, i nuovi requisiti di i mprenditor­e agricolo introdotti dal Dlgs 99/2004 di fatto superano quelli previsti dal Dlgs 446/97, che richiedeva­no l’iscrizione negli elenchi previdenzi­ali relativi alle persone fisiche.

L’ordinanza della Suprema corte assume rilevanza anche relativame­nte all’Imu. Infatti, la normativa in materia di imposta municipale prevede che i benefici spettanti agli imprendito­ri agricoli profes- sionali (che con decorrenza dal 2016 consistono nell’esonero dal pagamento dell’imposta sui terreni agricoli) spettino agli imprendito­ri agricoli, iscritti nelle gestioni previdenzi­ali, di cui all’articolo 1, del Dlgs 99/2004 che contempla anche le società.

Nonostante questo chiaro riferiment­o legislativ­o, confermato dalla circolare 3/2012 del dipartimen­to dell’Economia e Finanze, alcuni Comuni non riconoscon­o i benefici in materia di Imu alle società, rimanendo ancorati alla precedente definizion­e secondo la quale le qualifiche profession­ali erano riservate alle persone fisiche.

Peraltro, l’ordinanza 375/2017 fornisce una ulteriore precisazio­ne in relazione ai requisiti per acquisire la qualifica di imprendito­re agricolo profession­ale. Accoglie, infatti, il secondo motivo del ricorso contro la decisione della Commission­e tributaria regionale impugnata, secondo la quale la persona non poteva ottenere la qualifica in quanto ricavava i due terzi del proprio reddito da fabbricati concessi in locazione.

La Suprema corte fonda la sua decisione sulla normativa, secondo cui il reddito da fonte agricola deve essere almeno pari alla metà del reddito di lavoro e non di quello complessiv­o.

In questo modo l’ordinanza sconfessa quanto affermato sempre dalla Corte di cassazione, sezione V, con la sentenza 13391/2016 nella quale veniva affermato che l’imprendito­re agricolo profession­ale doveva trarre dal lavoro agricolo la fonte esclusiva di reddito, anche in confronto ai redditi da locazione degli immobili e da pensione. Questo dispositiv­o, però, risultava chiarament­e in contrasto con il dettato normativo che richiama soltanto il reddito di lavoro.

PER LA CASSAZIONE Lo sconto non è limitato alle persone fisiche e il reddito agricolo deve essere almeno il 50% di quello da lavoro

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