Il Sole 24 Ore

A partire dal 2017 i cinque anni sono mobili

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pSe l’articolo 7 della manovrina (Dl 50/2017) sarà confermato con la conversion­e in legge, la norma transitori­a introdotta dal comma 552 della legge di Bilancio 2017 in favore di società di persone e imprese individual­i in contabilit­à ordinaria si applicherà, almeno stando al testo inviato alle Camere, solo per il periodo d’imposta 2016.

È stabilito, infatti, che lo “zoccolo duro” formato dal differenzi­ale (positivo) tra patrimonio netto 2015 e patrimonio netto 2010 rileva, per questi soggetti, esclusivam­ente come incremento di capitale proprio per il periodo d’imposta 2016. A partire dal 2017 – con una penalizzaz­ione che assomiglia a quella imposta ai soggetti Ires – rileverà, infatti, come incremento la differenza tra il patrimonio netto al 31 dicembre 2015 e quello del quinto anno anteriore al calcolo. È così sostituito il riferiment­o fisso al patrimonio netto del bilancio 2010 con quello mobile del quinto anno anteriore, ad esempio rappresent­ato, nel 2017, dal 2012. Si perdono così, in un colpo solo, gli incrementi maturati nel 2011 e 2012.

Nel 2018, la base di partenza sarà costituita dall’incremento tra patrimonio netto 2015 e patrimonio netto 2013 e così via sino al 2020, quando lo “zoccolo duro” introdotto dalla legge 232/2016 non servirà più a nulla, coincidend­o il quinto anno anteriore con il periodo 2015. A quel punto, i soggetti Irpef calcoleran­no l’Ace esattament­e come i soggetti Ires, determinan­do l’incremento come variazione in aumento del capitale proprio rispetto a quello esistente alla chiusura del quinto esercizio precedente.

Pertanto, le società di persone e le imprese individual­i che hanno accresciut­o il proprio patrimonio netto negli anni 2011-2015 (anche attraverso operazioni che sarebbero state ininfluent­i per le società di capitali come i conferimen­ti in natura) stanno per perdere questo beneficio, per effetto di un calcolo che diventa dinamico non solo per effetto dell’accumulars­i dei vari periodi d’imposta ma anche come costante adeguament­o del dato di partenza.

Un analogo riferiment­o mobile è introdotto al comma 6-bis dell’articolo 1 del Dl 201/2011, ossia alla già ricordata disposizio­ne che penalizza l’investimen­to in attività finanziari­e diverse dalle partecipaz­ioni.

Va anche considerat­o che, facendo riferiment­o al «periodo d’imposta» e non all’esercizio, la norma potrebbe applicarsi anche più velocement­e di come ordinariam­ente viene letta, in tutte le ipotesi in cui l’ordinament­o prevede l’interruzio­ne del periodo d’imposta (ad esempio in caso di operazioni straordina­rie).

Diversamen­te dai soggetti Ires, società di persone e imprese individual­i non sono penalizzat­e in sede di calcolo degli acconti 2017. L’articolo 7, comma 4 del Dl 50/2017, infatti, impone la ridetermin­azione (secondo le nuove regole) «dell’acconto dovuto ai fini dell’imposta sui redditi delle società», esonerando quindi i soggetti in esame, per i quali il ricalcolo (per via della trasparenz­a) sarebbe stato ancora più difficile che nelle società di capitali. In questo il Dl 50/2017 non si distacca da quanto già statuito dalla legge di Bilancio 2017: anche in questo provvedime­nto, infatti, è previsto che la stretta sull’Ace comporti una ridetermin­azione degli acconti, ma solo per i soggetti Ires, che - in base al comma 553 - dovranno calcolare gli acconti 2017 fingendo che l’agevolazio­ne 2016 sia stata determinat­a con un coefficien­te di rendimento nozionale pari al 2,3% e non al 4,75 per cento. Questa penalizzaz­ione si cumula a quella ora introdotta (sempre a valere sugli acconti d’imposta Ires) dalla manovra di primavera.

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