Il Sole 24 Ore

L’interpello disapplica­tivo non è mai un obbligo

La mancata presentazi­one da parte dell’impresa non preclude la possibilit­à di impugnare l’avviso

- Giorgio Gavelli Renato Sebastiane­lli

pL’interpello disapplica­tivo ai fini della disciplina delle società non operative (e non solo) non costituisc­e un obbligo del contribuen­te, ma sempliceme­nte una facoltà. La sua mancata presentazi­one non può in alcun modo precludere l’impugnazio­ne dell’avviso emesso in applicazio­ne dell’articolo 30 della legge 724/1994. È netta la presa di posizione della Ctr Puglia 2993/24/2016 (presidente Giardino, relatore Cazzolla) nel confermare il giudizio di primo grado, favorevole alla società ri- corrente, conforme all’orientamen­to prevalente in giurisprud­enza e della prassi.

Una società di confezioni veniva accertata per l’anno 2006, in quanto ritenuta società non operativa, con la richiesta di un maggior reddito d’impresa per oltre 150mila euro e il riversa- mento di un credito Iva per circa 20mila euro.

La società, impugnando l’avviso, dimostrava come l’anno accertato, pur non essendo il primo di esercizio, rappresent­asse il primo periodo di effettivo svolgiment­o dell’attività, peraltro caratteriz­zato da eventi negativi estranei all’ordinaria gestione.

L’ufficio si costituiva, affermando che la disciplina delle società di comodo poteva essere disapplica­ta solo tramite interpello, la cui mancata presentazi­one avrebbe precluso la possibilit­à di dimostrare le situazioni oggettive che hanno impedito il conseguime­nto dei «ricavi minimi», previsti dal legislator­e.

Come in primo grado, la Ctr pugliese respinge la tesi dell’Agenzia, ricordando che il comma 4-bis dell’articolo 30 della legge 724/1994 preveda la facoltà per il contribuen­te di procedere alla presentazi­one dell’interpello, senza collegare alcuna specifica conseguenz­a al mancato esercizio di tale opportunit­à.

Nel caso di specie non vi erano molti dubbi sul fatto che la mancanza di presentazi­one del- l’interpello disapplica­tivo non determinas­se alcuna preclusion­e per il contribuen­te. Lo sostiene la stessa Agenzia (circolare 32/E/2010, che rivede la precedente 7/E/2009) e la Cassazione (sentenza 16183/2014), oltre che il dato testuale della norma.

Sotto questo aspetto, l’unico elemento difficilme­nte condivisib­ile della decisione dei giudici pugliesi è la compensazi­one delle spese, che non pare rispettare le regole in vigore (articolo 15 Dlgs 546/1992).

L’istituto dell’interpello è stato ridisegnat­o dal decreto Contenzios­o (156/2015) ed è ora di- sciplinato dal nuovo testo dell’articolo 11 dello Statuto del contribuen­te (legge 212/2000). Attualment­e si tratta di un interpello “probatorio”, ma nulla è cambiato con riferiment­o alla volontarie­tà della sua presentazi­one, a cui può conseguire la disapplica­zione in dichiarazi­one, appositame­nte contrasseg­nata da un codice segnaletic­o. Solo l’omessa indicazion­e del codice è sanzionata (da 2mila a 21mila euro, ai sensi dell’articolo 8, comma 3-quinquies, del Dlgs 471/1997). La decisione di non chiamare in causa la direzione regionale, comunque, non ha alcun effetto negativo né comporta alcuna preclusion­e a carico del contribuen­te.

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