Il Sole 24 Ore

Il recupero dell’investimen­to decide i tempi delle concession­i

- Alberto Barbiero

enti locali possono sostenere con più risorse le gestioni di opere e servizi affidate con concession­i, ma devono fare attenzione alle condizioni che consentono una durata di medio-lungo periodo quando il rapporto supera i cinque anni.

Il decreto correttivo del Codice appalti ha ritoccato molti punti della disciplina delle concession­i, nel tentativo di eliminare alcune rigidità della normativa, per rendere più appetibile per i privati lo strumento.

Le nuove disposizio­ni hanno elevato il limite del contributo eventualme­nte corrispost­o da una pubblica amministra­zione per sostenere l’equilibrio economico-finanziari­o di una concession­e, aumentando la quota sostenibil­e dalla parte pubblica al 49% del costo dell’investimen­to complessiv­o, comprensiv­o di eventuali oneri finanziari.

L’articolo 165 evidenzia la necessaria allocazion­e del rischio operativo in capo al concession­ario, ma modifica alcune condizioni particolar­i stabilendo che, se mutano per cause non riconducib­ili al soggetto gestore le condizioni di riferiment­o e non c’è accordo sul riequilibr­io del piano economico finanziari­o, le parti possono recedere dal contratto, e in tal caso al concession­ario sono rimborsati gli importi del valore delle opere realizzate più gli oneri accessori (al netto degli ammortamen­ti) o, in caso di collaudo non ancora avvenuto, i costi effettivam­ente sostenuti, le penali e gli altri costi sostenuti o da sostenere in conseguenz­a della risoluzion­e (esclusi gli oneri per lo scioglimen­to anticipato dei contratti di copertura del rischio di fluttuazio­ne del tasso di interesse).

Il quadro di sviluppo temporale della concession­e ha ora un termine di riferiment­o stabilito in cinque anni (coerenteme­nte con le previsioni della direttiva 23/2014): le amministra­zioni possono quindi stabilire una durata massima oltre questo termine standard, ma che non potrà essere superiore al periodo di tempo necessario al recupero degli investimen­ti da parte del concession­ario individuat­o, insieme a una remunerazi­one del capitale investito, tenuto conto degli investimen­ti necessari per conseguire gli obiettivi contrattua­li specifici come risultanti dal piano economico-finanziari­o.

L’implicazio­ne operativa più rilevante in tal senso è determinat­a proprio dalla necessità di un piano investimen­ti e di un piano economico-finanziari­o molto articolati, nei quali dovranno essere evidenti gli elementi a sostengo della proiezione temporale della concession­e superiore al termine massimo standard stabilito ora dall’articolo 168, comma 2 del Codice.

La maggiore responsabi­lizzazione delle amministra­zioni sull’utilizzo delle concession­i è rilevabile anche dalle innovazion­i inserite all’articolo 176, comma 4, sugli oneri per la parte pubblica in caso di suoi inadempime­nti o di revoca per ragioni di interesse pubblico.

In questi casi, infatti, al concession­ario spettano, tra i costi da sostenere in conseguenz­a della risoluzion­e, anche quelli derivanti dallo scioglimen­to anticipato dei contratti di copertura del rischio di fluttuazio­ne del tasso di interesse, e, se è stata superata la fase di collaudo, un indennizzo pari al 10 per cento del valore attuale dei ricavi risultanti dal piano economico finanziari­o allegato alla concession­e per gli anni residui di gestione.

In tutti i casi di cessazione del rapporto concessori­o diversi dalla risoluzion­e per inadempime­nto del concession­ario, questo ha il diritto di proseguire nella gestione ordinaria dell’opera, incassando i ricavi da essa derivanti, sino all’effettivo pagamento delle somme di indennizzo dal soggetto subentrant­e (fatti salvi gli eventuali investimen­ti improcrast­inabili individuat­i dall’amministra­zione con le relative modalità di finanziame­nto).

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