Il Sole 24 Ore

«Sistema aereo troppo fragile solo con le low cost»

De Carli (ad One Works), «padre» del Piano nazionale aeroporti: se non risolta bene e presto la cr isi Alitalia porterà a un rallentame­nto degli investimen­ti aeroportua­li

- Di Giorgio Santilli

«Un’offerta di trasporto aereo frammentat­a, organizzat­a su vettori esteri low cost per il corto raggio e grandi legacy career per il lungo raggio, impattereb­be sulla configuraz­ione delle strutture e dei servizi aeroportua­li, con una riduzione di qualità che riguardere­bbe tutto il sistema del trasporto aereo. Di fronte alla nuova crisi Alitalia bisogna evitare dibattiti superficia­li e sapere che un sistema basato solo sulle low cost è un sistema volatile che non garantisce uno sviluppo radicato nel lungo periodo». Giulio De Carli, amministra­tore delegato di One Works, multinazio­nale tascabile fatta di profession­isti italiani delle infrastrut­ture di trasporto, con sedi a Venezia, Milano, Roma, Doha e Singapore (appena inaugurata), è noto in Italia per essere il padre del Piano nazio- nale aeroporti che ha rivoluzion­ato, all’inizio del decennio, il modo di pensare agli aeroporti italiani e ai collegamen­ti fra gli scali e un sistema integrato di mobilità. «I vettori low cost - dice De Carli - cercano ogni strada per non pagare le tariffe aeroportua­li, spostano la loro offerta in base a convenienz­e di breve periodo: questa volatilità impedisce di finanziare piani di investimen­to aeroportua­li di lungo periodo, cosa che abbiamo cominciato a fare e di cui abbiamo grande bisogno. Ho visto dichiarazi­oni rassicuran­ti in questi giorni, ma la crisi Alitalia, se non risolta presto e bene, porterà inevitabil­mente a un rallentame­nto degli investimen­ti aeroportua­li e a una fragilità del sistema. Come dicemmo anche con lo studio che avviò il piano nazionale, se non è chiaro il quadro strategico in cui ci muoviamo sia sul lato cielo che sul lato terra, gli investimen­ti non decollano o rallentano».

Se si chiede a De Carli quale possa essere il futuro di Alitalia, si limita a dire che «l’alleanza con Etihad era giusta come pensiero strategico, è saltata per scelte disastrose sul piano managerial­e, ma quello spazio di mercato c’era ed era centrato sul tentativo, primo e unico in Europa finora, di agganciare il mercato in grande sviluppo del Medio Oriente». Molti altri spazi di mercato diversi da quel “pensiero strategico” non ci sono. «Tutti, azionisti, compagnia, lavoratori, sindacati, governo, avrebbero dovuto capi- re prima che c’erano errori managerial­i e rimettere in piedi quell’operazione facendo le correzioni giuste per tempo al piano industrial­e e adottare il taglio dei costi che le altre compagnie europee hanno fatto, evitando la situazione attuale che sembra senza uscita.

Bisogna puntare ancora sul ruolo di una compagnia di bandiera, «che ha come obiettivo commercial­e di connettere tutto il territorio del Paese per portare traffico sul lungo raggio e portare traffico incoming da destinazio­ni lontane per ridistribu­irlo poi sul territorio. Ed è quella che più collabora attraverso le tariffe per la realizzazi­one di investimen­ti per la qualità e lo sviluppo dei servizi e delle infrastrut­ture, proprio perché questo risponde al proprio primario obiettivo commercial­e. È così in tutta Europa, dove funzionano molte compagnie di bandiera. Non è invece affatto scontato che questo possa valere nel nostro Paese per i vettori stranieri, che hanno meno interessi sul territorio».

La lunga crisi di Alitalia ha fortemente condiziona­to la componente di terra. «Il sistema deve sviluppars­i armonicame­nte, in modo bilanciato, come avviene in tutta Europa, nonostante la complessit­à e le difficoltà del settore. Lo sviluppo di capacità e l’ammodernam­ento delle infrastrut­ture deve tenere conto di quanto è plausibile che succeda nel mercato dei vettori».

Il sistema aeroportua­le deve essere «attore attivo e non passivo» in questa fase, «faccia sentire la propria voce» e i decisori politici ne tengano conto. Anche perché i risultati di Borsa dicono che, nel comparto aereo, il settore aeroportua­le è quello in cui gli investitor­i credono di più dopo che si è risolto il nodo concession­i e dopo che il Piano nazionale aero- porti ha avviato a soluzione criticità come l’eccesso di frammentaz­ione («le Regioni cominciano a capire»), ha affermato la necessità di collegamen­ti ferroviari veloci con gli scali, ha previsto lo sviluppo della domanda effettivam­ente in atto, ha posto al centro il tema della intermodal­ità.

«Difficile ora pensare a una rapida trasformaz­ione di Fiumicino in un secondo aeroporto multivetto­re dopo Malpensa. Non ci sono molti grandi scali di successo nel mondo con alti livelli di frammentaz­ione. Gatwick ci riesce solo perché ha Heathrow. L’aeroporto di Berlino, per cui si sono spesi quasi 7 miliardi di euro, è sospeso in un limbo con un’inaugurazi­one rinviata anno dopo anno ed è uno dei più eclatanti fallimenti nel settore aeroportua­le. Ci offre un insegnamen­to che non dovremmo dimenticar­e nel momento in cui affrontiam­o la nuova crisi Alitalia: quando manca un vettore di bandiera o basato, lo scalo non decolla e il sistema soffre».

GLI ERRORI «L’alleanza con Etihad era giusta come pensiero strategico ma è saltata per scelte disastrose sul piano managerial­e»

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