Boccia: «Per salvare la compagnia servono soluzioni di mercato»
Il presidente di Confindustria in tv a «Porta a porta»: incidono il costo del lavoro sopra la media e la produttività
L a vicenda Alitalia come specchio del paese. Per alcune questioni strutturali, come il costo del lavoro e la produttività, e per la tendenza di rivolgersi allo Stato nelle situazioni di emergenza. Vanno trovate invece soluzioni di mercato. È con queste riflessioni che Vincenzo Boccia ha esordito ieri nella puntata di Porta a Porta, su Rai 1, dedicata ad Alitalia, infrastrutture e burocrazia.
«È lo specchio di una storia del paese che speriamo appartenga al passato, dove si pubblicizzavano le perdite e si privatizzavano gli utili», è stata la riflessione del presidente di Confindustria. «Si pensava che l’Alitalia non fosse fallibile, e questo lo ha dimostrato anche l’esito del referendum. Non si è percepito il senso dell’emergenza da parte della comunità interna. Il guaio è grosso, ci si rivolge al governo, allo Stato. Speriamo che questa fase finisca nell’interesse del paese. Bisogna andare verso una soluzione di mercato», ha continuato Boccia, rispondendo alle domande di Bruno Vespa. «L’amministrazione straordinaria dimostra che Alitalia può fallire. Non è da auspicare, ma siamo arrivati a questo punto, ad un pun- to di non ritorno. La partita si deve giocare, in modo diverso dal passato, fino alla fine».
La domanda è arrivata subito dopo: si troveranno nuovi capitani coraggiosi? «C’è da auspicarlo, dipende dalle strategie dell’azienda. Resta l’amarezza che i vecchi soci erano pronti», ha continuato il presidente di Confindustria, riferendosi implicitamente all’aumento di capitale. Aggiungendo anche una riflessione sull’uso del referendum: «L’idea di percorrere il referendum quando non c’era l’alternativa forse è stato un errore. Bisognerà capire come si dovranno evolvere le relazioni industriali».
Boccia si è soffermato anche su altri due aspetti che hanno pesato sull’andamento della compagnia: il costo del lavoro, con tasse che superano del 10% rispetto alla media europea, e la produttività. «L’Alitalia ha unito i due problemi», ha detto Boccia. Sottolineando che il confronto va fatto non tra la nostra compagnia di bandiera e le low cost, ma con le altri grandi compagnie europee come Lufthansa.
Dall’Alitalia alla grande questione delle infrastrutture del paese, ospite in studio anche il mini- stro Graziano Delrio. Un argomento che va di pari passo anche con la lentezza e le farraginosità della burocrazia. «La lentezza burocratica è la madre di tutte le corruzioni. Perché devi chiedere favori», è stato il commento di Boccia. «Occorre più politica ma più buona politica. Accompagnata dalla stabilità: se la politica cambia ogni sei mesi e i burocrati restano lì la partita è persa in partenza». A questi due aspetti, stabilità e buona politica, il presidente di Confindustria ha aggiunto anche la dimensione temporale, su cui a suo parere non c’è sufficiente sensibilità. «Il fattore tempo è determinate. C’è una tendenza positiva grazie alla riforma Madia, che tra i vari punti individua le opere di interesse nazionale: non si può sforare nei tempi e nei costi. Le condizioni temporali sono importanti tanto quanto quelle di merito. Le opere che sforano sono la precondizione per la corruzione. Inoltre servono regole semplificate», ha detto ancora Boccia, che è tornato a ricordare lo spirito che c’era in Italia nel Dopoguerra. «Oggi abbiamo perso il senso di comunità», ha continuato. Le potenzialità per uscire da questa situazione ci sono: lo si può fare «ponendo all’attenzione del paese la questione industriale. La mission della politica deve essere di spingere su questo aspetto. Siamo il secondo paese industriale d’Europa, e lo sa solo il 30% degli italiani. Esiste una forte cultura antindustriale che parte dalla burocrazia e blocca la questione industriale, uno dei punti fondamentali del paese». Ieri l’Istat ha diffuso i dati sull’occupazione giovanile: «C’è una leggera ripresa – ha commentato Boccia - anche degli investimenti. Certo, rispetto alle potenzialità del paese e a quello che bisognerebbe fare siamo un po’ indietro. Comunque sono segnali, seppur timidi, interessanti». Ciò che serve è un «piano organico di politica economica» che affronti fisco, giustizia, questione energetica, burocrazia.