Chiesta l’archiviazione per Cappato: «Ha aiutato a garantire la dignità»
Il Pm: «Non vìola dir itto alla vita»
Marco Cappato ha aiutato Dj Fabo a esercitare un suo diritto. Quel diritto alla “dignità umana” che va posto sullo stesso piano del diritto alla vita, quando le condizioni non lasciano più dubbi: dolori fisici non controllabili e insopportabili, sofferenze “indegne”, malattia incurabile e prognosi ineluttabile. Sono condensati in una quindicina di pagine i motivi per cui la Procura milanese ha chiesto l’archiviazione dell’indagine in cui l’esponente radicale è stato accusato di aiuto al suicidio per aver accompagnato in macchina Fabiano Antoniani, 40 anni e da tre tetraplegico e cieco dopo un grave incidente d’auto, nella clinica Dignitas, vicino a Zurigo, dove il 27 febbraio ha messo fine alla sua tragedia togliendosi la vita sotto il controllo dei medici.
«Prendo positivamente atto della richiesta avanzata dalla Procura - ha commentato a caldo Cappato che per la vicenda si era autodenunciato -.
In attesa della decisione del gip, posso confermare che è in corso e continuerà l’azione di aiuto alle persone che vogliono ottenere, in Italia o all’estero, l’interruzione delle proprie sofferenze, eventualmente anche attraverso l’assistenza medica alla morte volontaria in Svizzera». E cioè tramite pratiche di suicidio assistito che per i pm Tiziana Siciliano e Sara Arduini «non costituiscono una violazione del diritto alla vita quando - si legge nella loro istanza - siano connesse a situazioni oggettivamente valutabili di malattia terminale o gravida di sofferenze o ritenuta intollerabile o indegna dal malato stesso». Quindi, «non pare peregrino - aggiungono i pm - affermare che la giurisprudenza, anche di rango costituzionale e sovranazionale, ha inteso affiancare al diritto alla vita tout court il diritto alla dignità della vita inteso come sinonimo dell’umana dignità».