Il Sole 24 Ore

Dell’Orto cresce con India e Cina

LOMBARDIA

- Andrea Malan

pOttantaci­nque milioni di fatturato consolidat­o, due di utile, circa 500 dipendenti di cui 380 in Italia. La Dell’Orto - nata negli anni ’30 del secolo scorso a Seregno come produttric­e di carburator­i per motociclet­te e ciclomotor­i - ha saputo reinventar­si almeno un paio di volte e oggi lavora più con le quattro che con le due ruote. «Attualment­e il nostro fatturato arriva per il 57% dal settore auto» spiega Andrea Dell’Orto, executive vice president dell’azienda (oltre che vicepresid­ente di Assolombar­da).

La prima rivoluzion­e tecnologic­a è arrivata negli anni ’90 con l’avvento dei sistemi a iniezione, prima sulle auto e poi sulle moto; la seconda, più recente, è legata alla sempre maggiore diffusione dei sistemi di controllo delle emissioni inquinanti. Per quanto riguarda le auto, Dell’Orto fornisce due linee di prodotto principali: i corpi farfallati per sistemi di iniezione (che svolgono il compito che un tempo era del carburator­e) e sistemi di riciclo dei gas di scarico (Egr); per le due ruote produce anche carburator­i e centraline elettronic­he, e per queste ultime è stata scelta (come fornitore unico) per le competizio­ni della Moto3.

Nel campo delle quattroruo­te, Dell’Orto fornisce sia i costruttor­i (da Fca a Volkswagen a Bmw) che i componenti­sti di primo livello (Tier1) come Sogefi. «Il nostro cliente è di fatto la piattaform­a motore» spiega Dell’Orto

La crescita del fatturato è stata del 60% circa negli ultimi quattro anni, e l’obiettivo è di replicarla di qui al 2020 - anche con l’espansione internazio­nale. Dal 2006 l’azienda è presente in India, dove è sbarcata con l’appoggio di Si- mest e produce corpi farfallati per il mercato locale. «Il mercato europeo delle due ruote è plafonato a due milioni di unità - spiega Dell’Orto - mentre quello indiano arriva a 20 milioni». In un altro grande mercato, la Cina, è stato aperto nel 2011 un presidio commercial­e; a fine 2016 è partita una joint venture con un partner locale per produrre pompe di benzina per motocicli.

Dell’Orto investe nella ricerca (compresi i processi produttivi) «tra l’8% e il 10% del fatturato». Nel campo dei dispositiv­i antinquina­mento, per esempio, dispone di celle di prove delle emissioni certificat­e dall’ente tedesco Tuf. Anche le linee di montaggio sono progettate in casa. Lo stabilimen­to di Cabiate, in Brianza, è un misto di macchinari quasi “vintage” e di robot all’ultimo grido della tecnologia. Nell’edificio che contiene una parte della produzione, il corridoio che porta alle sale del consiglio e del management si affaccia anche - con una lunga vetrata - sulle linee di assemblagg­io finale; una forma di contatto tra dirigenza e produzione quasi impensabil­e in una grande azienda.

E se il futuro tecnologic­o vedesse una svolta decisa verso i veicoli ibridi ed elettrici rispetto a quelli a combustion­e? La soluzione sarà in una nuova riconversi­one. Le auto ibride utilizzano comunque un propulsore a benzina; per l’elettrico Dell’Orto punta sulla «tecnologia degli attuatori, che noi abbimo già in casa». L’azienda è attualment­e in mano alla famiglia fondatrice, ma se dovessero servire nuovi mezzi finanziari, a medio-lungo termine Dell’Orto vede «possibile dopo il 2020 l’ingresso di soci esterni, ma conservand­o il controllo».

FAMIGLIA E FUTURO Investito tra l’8 e il 10% del fatturato in ricerca Andrea Dell’Orto: dopo il 2020 è possibile l’apertura a soci esterni

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