Nessun allarmismo, ma un segnale da cogliere
La sorpresa dell’uovo di Pasqua per il mercato dell’auto di aprile è una illusione ottica? Pare di sì, almeno ragionando sull’effetto calendario. E l’esperienza di questi anni della lunga crisi ha insegnato a valutare con prudenza e circospezione i dati mensili, spesso soggetti ad andamenti altalenanti. Bisogna guardare lungo, va da sè, anche quando il settore manifatturiero più performante – come le quattro ruote – che sfornava ben altri numeri, inchioda bruscamente.
Nessun allarmismo, dunque? Nessun allarmismo. Ci eravamo abituati male dopo 34 mesi consecutivi di crescita (quasi tre anni). Sbattere contro un -4,6% non fa una buona impressione. Ma i costruttori restano ottimisti: migliora il clima di fiducia dei consumatori – ecco i loro argomenti –, calano i prezzi dei carburanti , si prevede un 2017 in crescita di circa il 9% e restano buoni i risultati delle vetture italiane. Fca, in effetti, scende “soltanto” del 4% portandosi però al 29,2% di quota di mercato (sostanzialmente stabile, visto che ad aprile 2016 era 29,1%), ben trainata dal brand Alfa Romeo (+46,6%) con Stelvio e Giulia. Cosicché dall’inizio 2017 la quota è addirittura al 29,5 per cento.
Tuttavia il segnale non va ignorato, anche perché bisogna ragionare in chiave globale. E ieri, oltre Oceano, il calo delle vendite negli Usa (Fca -7%, Ford -7,2%, Gm -5,8%) ha subito fatto scivolare i titoli delle tre di Detroit a Wall Street tra il 3,5 e il 5 per cento. Isteria finanziaria, forse, ma su quel mercato ci sarebbe anche da analizzare il +1,64% di Volkswagen, sesta crescita mensile consecutiva alla faccia del “dieselgate”.
Sullo scenario restano nodi importanti da sciogliere, da parte sia dei grandi gruppi sia dei decisori pubblici. Va capito come incrementare i margini di redditività quando non aumentano i volumi di vendita sui mercati consolidati. C’è la questione della “massa critica” e delle alleanze strategiche. E c’è la grande sfida delle nuove tecnologie e dei nuovi propulsori, su cui bisogna sapere investire con intelligenza. I piani antismog e il sostegno della domanda interna passano da scelte non più differibili, come il “mobility champion” su cui opportunamente insiste l’Unrae. Bisogna essere realisti, insomma, ma non perdere troppo tempo. La globalizzazione impone accelerazioni repentine. Se ci pensiamo, diciassette anni fa, si discuteva dell’accordo appena firmato il 13 marzo a Torino dalla Fiat di Fresco e Cantarella con la Gm di Wagoner e Smith. C’erano ancora i fratelli Agnelli (l’Avvocato e il Dottore) e Sergio Marchionne lavorava in Svizzera. Sembrano secoli fa, era l’anno 2000. Nell’industria, e nel mondo, è cambiato (quasi) tutto. Un’altra epocaca dadavvero.