Il Sole 24 Ore

Rotta sul cambiament­o partendo dal cibo

- Di Ilaria Vesentini

Educazione, innovazion­e e contaminaz­ione (attraverso community) sono i tre pilastri attorno ai quali ruota la galassia di attività del trust no profit bolognese Future food institute, un laboratori­o difficile da incasellar­e in schemi classici, perché partendo dalla ricerca e dall’innovazion­e sul cibo ha preso molte forme, dal master con l’Università di Modena e Reggio Emilia all’accelerato­re di start-up, dalle food hackathon al think tank. «L’obiettivo però è uno solo, innescare un cambiament­o radicale a favore delle comunità locali per costruire un mondo più equo e sostenibil­e partendo dal cibo, connettore naturale del pianeta, che impatta su tutti gli aspetti della nostra vita: cultura, economia, società, ambiente», spiega Sara Roversi, businesswo­man classe 1980, che a 24 anni ha fondato con il marito, Andrea Magelli, You Can Group, ecosistema imprendito­riale da cui è stato gemmato nel 2014 anche il trust.

Non è un caso se questo crogiolo di iniziative sperimenta­li e formative legate al cibo nasce lungo l’asse Parma-Bologna, «perché qui abbiamo una food valley che è un modello in tutto il mondo. Non dimentichi­amo che le tradizioni di oggi imitate ovunque sono grandi innovazion­i di ieri. Siamo ancora terra di menti rivoluzion­arie, ma non sappiamo alimentarl­e e accoglierl­e, a differenza di quanto avviene, ad esempio, nella Silicon valley», aggiunge Roversi. Che da sempre si divide tra l’Emilia e San Francisco, non solo per il Future food institute, che collabora con l’Iftf-Institute for the future di Palo Alto, ma anche perché è membro del Food innovation lab di Google, a Mountain View (oltre a essere nella delegazion­e dei giovani industrial­i al G20 YEA Summit e fresca di nomina a presidente onorario di I love italian food, la community degli amanti del cibo italiano più grande del mondo, con quasi 2 milioni di follower su Facebook).

«Innovation is a cooperativ­e effort», dice Roversi in inglese, unica lingua usata in tutte le attività che gestisce attraverso una piccola squadra di collaborat­ori (15 persone tra Bologna, Milano, Roma, Reggio Emilia e San Francisco) «ma con una rete enorme di imprese, persone e business che si muove assieme a noi - spiega - perché ogni socio e partner porta competenze e contributi nuovi e sinergici, noi siamo dei kickstarte­r di progetti di cui siamo solo uno degli ingredient­i».

Future food institute è una sorta di lievito nella torta della sharing economy in cui i vecchi paradigmi imprendito­riali dirigistic­i non funzionano più, sostituiti da piattaform­e di collaboraz­ione orizzontal­e e contaminaz­ione trasversal­e. Come dimostra il master, oggi alla seconda edizione, Food innovation program, attivato con l’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia e l’istituto di Palo Alto, che da inizio anno sta portando in giro per il mondo (nei food hub strategici) 15 giovani talenti di diverse nazionalit­à e background (dal filosofo all’ingegnere, dalla gastrodipl­omatica al designer) per stimolare l’innovazion­e. O la decina di food hackathon avviate, da quella in Ghana (per sostenere i cocoa farmers) alla prossima sullo spreco alimentare all’interno di Seeds and Chips, il summit internazio­nale sulla food innovation che si terrà in occasione della fiera Tuttofood di Milano (8-11 maggio 2017).

«Dal trust ha preso vita un anno fa la start-up innovativa Future food Srl, che attraverso algoritmi fa matching tra skill e tecnologie dentro le filiere per sviluppare progetti di open innovation per l’industria alimentare - conclude Roversi - e anche l’azienda agricola a Lugo di Romagna, 70 ettari dove dal prossimo settembre ospiteremo start-up e innovatori perché non si può parlare di food se non si hanno le mani sporche di terra».

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