Il Sole 24 Ore

La soluzione per ridurre il debito sono le privatizza­zioni

- fgalimbert­i@yahoo.com

Caro Galimberti, ritornato in Italia da Dublino ritrovo che in Italia ci lasciamo andare come il sughero, seguendo la corrente, augurando che la congiuntur­a porti fortuna: come fu con Renzi. Ma la fortuna bisogna meritarsel­a per vincere. Perché in fondo è solo fortuna (senza meriti) che possa diminuire il debito quando gli interessi sulla spesa pubblica sono dello 0,9% sopra il limite del 3% (vedi costo interessi: 3,9% del Pil).

Negli studi del Senato sulla manovra si conferma la lieve riduzione della spesa primaria nel triennio 2017-2019 con la incidenza relativa del peso sul debito, che salirà. In attesa delle previsioni della congiuntur­a economica (dando per scontato che la crescita andrà a far scendere la quota di debito). Ma se non si taglia, come ci si può aspettare che scendano domani gli interessi dei nuovi debiti: con il sughero? Se la spesa primaria improdutti­va a livello centrale non scende (questo va verificato!), giacché a livello locale la spesa corrente primaria per redditi è calata e quei 5 miliardi per il rinnovo del contratto non incidono più di tanto, essendosi ridotto il personale della Pa, non si vede come possa decelerare il debito quando si taglia meno dello 0,2% % all’anno, meno cioè del prudente 0,5% annuo, proposto da Cottarelli per far diminuire il debito. La spesa primaria è superiore al 3% e il debito non si ferma.

Antonio Petrina Caro Petrina,

ero sempre stato convinto, fin dalla prima manovra del Governo Renzi, che si trattava di una scommessa: cioè a dire, gli obiettivi, in termini di deficit e debito, sarebbero stati raggiunti solo se l’economia fosse tornata a crescere. La messa in sicurezza della manovra era assicurata da clausole, come l’aumento dell’Iva, che, grazie alla ripresa, si confidava non sarebbero state messe in opera. La ripresa non c’è stata, e le clausole, che avrebbero dovuto scattare, sono state sostituite dai margini di flessibili­tà via via (giustament­e) concessi dalla Ue. E anche adesso c’è solo da sperare nella ripresa, se è vero, come è vero, che le indifendib­ili costrizion­i del Fiscal compact sono in rotta di collisione con il deficit del 2018. Il debito non diminuisce, ma il modo per farlo diminuire non sta tanto nel ridurre la spesa che, a parte l’eredità del passato – interessi e pensioni in essere – è già la più bassa o quasi dell’Eurozona, in quota di Pil (il problema della spesa pubblica sta nella qualità, non nella quantità), e non sta tanto nell’aumentare le entrate (la pressione fiscale è già troppo alta, e qui si può lavorare su composizio­ne e qualità, non sulla quantità) ma nel ricorrere, con più entusiasmo di quello mostrato finora, alle privatizza­zioni.

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