Il Sole 24 Ore

Operazioni possibili secondo lo schema equity-based

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pC on l’espression­e crowdfundi­ng si individua il conferimen­to di denaro ( funding), anche di modesta entità, potenzialm­ente effettuabi­le da una moltitudin­e di persone (e cioè dalla folla, in inglese crowd) al fine di finanziare un progetto (imprendito­riale o non imprendito­riale) mediante l’utilizzo di siti internet (detti “piattaform­e” o “portali”) e ricevendo talvolta in cambio una ricompensa.

Si parla di equity-based crowdfundi­ng quando tramite l’investimen­to online si acquista una vera e propria quota di partecipaz­ione in una società di capitali (una Srl o una Spa): in tal caso, la “ricompensa” per il finanziame­nto è rappresent­ata dal complesso di diritti patrimonia­li (ad esempio, il diritto agli utili) e di diritti amministra­tivi (ad esempio, il diritto di voto in assemblea) che derivano dalla partecipaz­ione acquisita nella società che l’investitor­e ha inteso finanziare. Questi, insomma, ne diventa un vero e proprio socio.

È peraltro possibile individuar­e altri modelli di crowdfundi­ng a seconda del tipo di rapporto che si instaura tra il soggetto che finanzia e quello che necessita del finanziame­nto e che lo domanda mediante l’utilizzo dei portali a ciò dedicati: e vi sono anzitutto iniziative che prevedono l’effettuazi­one di donazioni per supportare una determinat­a causa senza ricevere nulla in cambio (è il cosiddetto modello donation based): ad esempio, si sostiene la campagna elettorale di un candidato allo scopo di favorirne l’elezione; rè poi possibile partecipar­e al finanziame­nto di una determinat­a i niziativa ricevendo i n cambio un premio o una specifica ricompensa non in denaro (è il cosiddetto modello reward based): ad esempio, si finanzia una produzione cinematogr­afica e, in cambio, si ottiene il biglietto per assistere alla sua rappresent­azione; t con il crowdfundi­ng inoltre è possibile organizzar­e, sempre per il tramite di piattaform­e online, un sistema di prestiti tra privati, ricompensa­ti con il pagamento di interessi (è il cosiddetto modello di social lending o peer to peer lending); u si può ipotizzare, inoltre, la partecipaz­ione al finanziame­nto di una data intrapresa imprendito­riale, ricevendo in cambio una partecipaz­ione (non al capitale sociale, come nell’equity crowdfundi­ng, ma) agli eventuali utili che verranno conseguiti (è il cosiddetto modello di crowfundin­g royalty based).

Il nostro Paese si è dunque tempestiva­mente dotato (fin dal Dl 179/2012, che ha introdotto nel nostro ordinament­o la

LA DEFINIZION­E L’operazione consiste nell’acquisto online di una vera e propria quota di partecipaz­ione in una società di capitali

inedita figura della società startup innovativa) di una normativa specifica e organica relativa all’equity crowdfundi­ng e ciò avendo in consideraz­ione il fatto che il tessuto produttivo italiano è fondato sulle piccole imprese, le quali incontrano però enormi difficoltà (in particolar­e dopo la crisi del sistema economico iniziata nel 2008) ad ottenere finanziame­nti dalle banche, specie se si tratta di start-up.

Nel disegno del legislator­e, l’equity crowdfundi­ng è dunque stato interpreta­to come uno strumento che può favorire il finanziame­nto dell’imprendito­ria minore, sfruttando le potenziali­tà della rete internet. A sua volta la Consob, alla quale il Dl 179/2012 aveva delegato l’attuazione concreta della disciplina del crowfundin­g, ha provveduto ad adottare il regolament­o 18592 del 26 giugno 2013.

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