Doppia penalizzazione per chi va a credito
Con la pubblicazione in «Gazzetta Ufficiale» viene confermato ciò che i tecnici del Mef, al fine di reperire risorse per la manovra correttiva ( decreto legge 50/2017) da 3,4 miliardi di euro richiesta da Bruxelles, avevano individuato, fra l’altro, come due misure di contrasto all’evasione e alle indebite compensazioni. e Lo split payment. La prima estende lo split payment, ossia la scissione dell’Iva che viene versata direttamente all’Erario dall’ente di Pubblica amministrazione, a nuove tipologie di contribuenti sia fra i committenti (società quotate) sia fra i percipienti (professionisti). r La stretta sulle compensazioni. Il secondo intervento stabilisce che per i crediti scaturenti da dichiarazioni fiscali (redditi, Irap, Iva) il limite delle compensazioni, in assenza di visto di conformità, apposto da un professionista abili- tato, scenda da 15 mila euro a 5 mila euro.
Ciò premesso, nell’esprimere il legittimo dubbio che siano misure strutturali e di contrasto all’evasione (come si argomenterà, brevemente, in seguito), appare fortemente probabile che vadano ad alimentare, ulteriormente, quella sacca di penalizzazione costituita dagli operatori economici, strutturalmente (esportatori abituali, fornitori Pa, cedenti con aliquota Iva ridotta) o occasionalmente (chi effettua investimenti) a credito d’imposta, indotti ad attendere le lungaggini delle pro- cedure di rimborso: difatti a partire dal 2010, rispetto al periodo precedente, il numero annuale di contribuenti che hanno richiesto rimborsi di imposta sul valore aggiunto, è stabilmente aumentato del 40% (da 40mila a 55mila), a fronte di una diminuzione, avvenuta nello stesso periodo, di quelli con dichiarazioni a credito .
Tale considerevole incremento, appare imputabile alla stretta sulle regole per compensare in F24 i crediti Iva, introdotta dal Dl 78/2009 e decorrente dal 1° gennaio 2010, tant’è che per il 2014, l’importo di credito Iva utilizzato i n compensazione con altri tributi per la totalità dei contribuenti, pari a 11,05 miliardi di euro (in linea con gli anni 20102013) si è attestato su valori di gran lunga inferiori (-5,45 miliardi di euro) a quelli del 2009.
Un’ulteriore considerazione deve essere effettuata con riferimento all’assenza di caratteristica strutturale di tali interventi, il cui beneficio, per il bilancio dello Stato, si esaurisce nel giro di qualche anno, il tempo necessario per l’erogazione dei rimborsi d’imposta.
Nel frattempo, in virtù delle difficoltà e costi di incaricare un professionista disposto ad asseverare le dichiarazioni, nel tentativo di perseguire alcuni (gli evasori), per sempre maggiori categorie di contribuenti, al contempo creditori e debitori dell’erario, si prospetta il paradosso di dover onorare subito i debiti ed attendere periodi relativamente lunghi per incamerare i crediti.
È accettabile che per benefici di cassa, peraltro solo temporanei, si privi di liquidità gli operatori economici e si posticipi il problema a danno di chi verrà dopo? Di conseguenza, si auspica un cambio di direzione del legislatore, almeno nella giustificazione da dare agli interventi.
LA QUESTIONE DI FONDO Gli interventi adottati in nome della lotta all’evasione finiscono per produrre solo brevi effetti di cassa