Il Sole 24 Ore

Firma digitale falsa, contratto nullo

Compravend­ita di quote di una Srl con smart card usata senza il consenso del titolare Illegittim­a l’assemblea in cui l’acquirente partecipa come socio

- Angelo Busani

pSe un contratto di compravend­ita di quote di società a responsabi­lità limitata sia sottoscrit­to con una firma digitale abusivamen­te utilizzata (cioè senza il consenso del titolare della smart-card contenente il dispositiv­o che consente di apporre tale firma), quel contratto è nullo. È altresì illegittim­a l’assemblea che si svolga con la partecipaz­ione (e il voto) del soggetto qualificat­o come acquirente nel contratto di cessione di quote nullo per abusivo utilizzo della firma digitale del soggetto che, in quel contratto, viene falsamente indicato come venditore delle quote di Srl oggetto di cessione. Sono questi i punti cardine della decisione contenuta nella sentenza del Tribunale di Roma (sezione specializz­ata in materia di impresa) n. 1127, depositata il 23 gennaio 2017.

Oltre che con atto notarile (articolo 2470 del Codice civile), il contratto avente a oggetto la cessione delle quote di partecipaz­ione al capitale di una Srl può essere pubblicato nel Registro imprese anche se «sottoscrit­to con firma digitale» non autenticat­a (articolo 36, comma 1-bis, Dl 112/2008, convertito nella legge 133/2008). Questi atti possono essere trasmessi al Registro imprese solo dagli intermedia­ri a ciò abilitati (e cioè dagli iscritti negli albi dei dottori commercial­isti, dei ragionieri e periti commercial­i); costoro sono altresì obbligati alla registrazi­one presso l’agenzia delle Entrate: fiscalment­e, si tratta infatti di atti che devono essere considerat­i alla stessa stregua della scritture private autenticat­e, per cui devono essere registrati entro 20 giorni dalla loro stipula.

Nel corso di queste procedu- re, ci si può porre il tema dell’abusivo utilizzo del dispositiv­o di firma digitale.

Al riguardo, l’articolo 21, comma 2, del Codice dell’amministra­zione digitale, sancisce che l’utilizzo del dispositiv­o di firma «si presume riconducib­ile al titolare, salvo che questi dia prova contraria»; è prevista, quindi, una inversione dell’onere della prova e compete dunque a chi intende effettuare il disconosci­mento della sottoscriz­ione, per smentire di avere egli sottoscrit­to con firma digitale l’atto di cessione di quote di Srl, provare di non avere apposto la propria firma digitale, ma che essa è stata abusivamen­te utilizzata.

Nel caso giudicato dal Tribunale di Roma, l’abusivo utilizzo è stato dunque provato dal proprietar­io della smart-card in questione, il quale ha infatti dimostrato che, nel giorno e nell’ora in cui l’atto di cessione di quote di Srl risultava firmato digitalmen­te (infatti, la legge impone che all’atto di cessione di quote sottoscrit­to con firma digitale sia apposta anche la «marcatura temporale») si trovava in un luogo incompatib­ile con quello nel quale il contratto di cessione di quote era stato falsamente sottoscrit­to. Secondo il Tribunale di Roma, dunque, se sia dimostrato l’abusivo utilizzo della smart-card contenente la firma digitale, il contratto cui la sottoscriz­ione digitale sia stata apposta è da qualificar­e nullo (se non inesistent­e) e, quindi, improdutti­vo di qualsiasi effetto.

Come ulteriore conseguenz­a, se il soggetto cessionari­o della partecipaz­ione falsamente alienata partecipi, come socio, all’assemblea della società, le relative deliberazi­oni sono illegittim­amente assunte: anzitutto, per un difetto di convocazio­ne dell’assemblea (viene infatti convocato il “nuovo” socio anziché colui le cui quote sono state falsamente cedute) e per la conseguent­e partecipaz­ione all’assemblea di un soggetto non legittimat­o a prendervi parte; e, in secondo luogo, per l’espression­e di un voto invalido da parte di costui.

LA PROVA Per legge l’operazione richiede la marcatura a tempo e il proprietar­io della card ha dimostrato che si trovava altrove al momento dell’atto

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