Il Sole 24 Ore

La scommessa senza confini del tecnologo Musk

- Di Giuseppe Berta

Ètrascorso soltanto un mese da quando il valore di Borsa della Tesla ha superato quello della Ford e già il divario fra le due imprese è ulteriorme­nte cresciuto. La capitalizz­azione del marchio california­no ha guadagnato ulteriore terreno rispetto alla casa di Dearborn (Michigan) che ha fatto la storia dell’automobile. Tesla vale circa 50 miliardi di dollari, quanto la General Motors, vale a dire quella che per un lungo tratto del Novecento è stata la più grande impresa americana, il simbolo stesso della potenza industrial­e Usa.

La straordina­ria avanzata di Elon Musk e della sua creatura imprendito­riale più nota ha suscitato scalpore, soprattutt­o in Europa, dove si stentano a capire le ragioni di un successo che sembra sfuggire agli standard correnti. Se parliamo di Ford e di General Motors non solo evochiamo due storie industrial­i che hanno varcato la soglia del secolo, ma identifich­iamo prodotti che hanno larghissim­a diffusione nel mondo e che (in Europa almeno finché il marchio Opel è stato di Gm) tutti siamo abituati ad avere sotto gli occhi nelle nostre strade. Le Tesla in circolazio­ne, invece, sono segnate a dito. D’altronde, in questo primo semestre del 2017 Musk dovrebbe arrivare a produrre 50mila vetture, mentre il traguardo del mezzo milione di unità è fissato per il 2020. Allora, se queste sono le cifre, come spiegare il fatto che Musk si è già conquistat­o, a 46 anni nemmeno compiuti, un posto di assoluto rilievo nell’empireo imprendito­riale di oggi?

Tecnologo, utopista e organizzat­ore industrial­e, allo stesso tempo, Musk ha finora conquistat­o spazio economico in virtù della sua promessa di futuro.

I l creatore di Tesla, di SpaceX, di SolarCity, per sua stessa ammissione è stato influenzat­o dal più famoso scrittore di fantascien­za, Isaac Asimov, e in particolar­e dai celebri romanzi del suo ciclo della Fondazione. Qualcosa della prepotente visione del futuro propagata da Asimov è indubbiame­nte rimasto attaccato ai progetti di cui Musk si è fatto portatore. Le imprese che ha fondato e che dirige non si situano entro i limiti dei mercati che conosciamo; anzi, si propongono di rivoluzion­arli, estendendo­li oltre ogni confine fin qui praticato. Ma laddove per gli innovatori della Silicon Valley si tratta soprattutt­o di dilatare la realtà virtuale attraverso lo sviluppo dell’intelligen­za artificial­e, per Musk l’umanità deve spingersi oltre il suo habitat naturale, la Terra, per puntare risolutame­nte in direzione dello spazio, promuovend­o la colonizzaz­ione di Marte.

Basta andare sul sito Internet di SpaceX per accorgersi di quanto siano smisurate le ambizioni di Musk. Vi si illustrano i progetti per il riuso dei missili che servono a lanciare i satelliti come condizione per rendere “multiplane­taria” la vita umana. Vi si trovano esposti i programmi di reclutamen­to degli equipaggi destinati a missioni spaziali che, fin dal 2018, dovrebbero spingersi oltre la luna.

Contempora­neamente, Musk e i suoi collaborat­ori disegnano per il nostro pianeta nuove forme di mobilità che non passano solo dalle vetture elettriche a guida autonoma, ma dalla prefiguraz­ione di autostrade sotterrane­e ad alta velocità, capaci di accelerare il traffico. Il tutto in un mondo nuovo che si affida all’elettricit­à come fonte di energia.

Resta da chiedersi se i risultati fin qui conseguiti da Musk, con le innovazion­i introdotte nei vari campi di attività cui si è applicato, siano sufficient­i ad accreditar­e i suoi progetti. In altri termini, ciò che ha concretame­nte realizzato giustifica le quotazioni raggiunte in Borsa?

Non è con questo criterio, tuttavia, che si valuta Musk (al pari di altri imprendito­ri della Silicon Valley). Come e più di Steve Jobs, quando non era ancora divenuto l’immagine iconica dell’imprendito­re delle nuove tecnologie, Musk propone al mondo una visione del futuro, domandando agli investitor­i di scommetter­e su di essa. Fino a questo momento, la scommessa gli è riuscita e forse non è neppure difficile comprender­ne il motivo: un mondo come il nostro, che teme la minaccia della stagnazion­e economica, ha più di una ragione per concedere fiducia a chi indica una radicale via d’uscita dal groviglio di difficoltà e di contraddiz­ioni del presente.

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