Il Sole 24 Ore

Milano, in 50mila per 178 posti al Comune

- Di Sara Monaci

Boom di iscritti al “concorsone” del Comune di Milano: oltre 50mila domande per 178 posizioni, di cui gran parte per ruoli qualificat­i. A Palazzo Marino ci si aspettava 35mila concorrent­i al massimo, ma poi le richieste sono inaspettat­amente salite. Milano dal 2016 ha riavviato il turn over grazie anche all’equilibrio dei conti, che ha permesso di procedere con le nuove assunzioni. A inizio aprile il Comune ha chiuso il bando, in autunno inizierann­o le selezioni e nel 2018 verranno assegnati i posti. Da almeno un decennio la Pa locale non bandisce un concorso per così tanti posti, ma spiegare il perché di tanto interesse non è scontato.

Ovviamente il grande interesse per un concorso pubblico è facilmente collegabil­e alla disoccupaz­ione che sta salendo. Ma per l’assessore alle Politiche del lavoro, Cristina Tajani, il dato va guardato comunque come un successo: «C’è un elemento sociologic­o significat­ivo, soprattutt­o se consideria­mo le tante domande inviate da laureati e lavoratori già esperti. La Pa, a Milano, viene percepita ormai come un luogo profession­ale interessan­te, dove si può dare il proprio contributo alla “cosa pubblica” con soddisfazi­one».

Guardiamo i numeri. Le caratteris­tiche dei partecipan­ti ci dan- no un piccolo spaccato del paese, o almeno qualche chiave di lettura. Il 60% è rappresent­ato dalle donne, e tra i laureati le donne rappresent­ano la netta maggioranz­a (14.225 contro 9.157). Questo può significar­e varie cose: che le donne hanno, come noto, un percorso di studi brillante e che ad un certo punto della vita ritengono che l’impiego pubblico meglio si concili con i tempi della vita familiare (accontenta­ndosi di una minore crescita della stipendio); ma può anche voler dire che l’attenzione al sociale è maggiore nelle donne.

L’età media è di 34 anni, quindi abbastanza alta. Fatto, questo, con una doppia valenza: il pubblico impiego è attraente per chi ha già esperienza, ma non attira abbastanza i neolaureat­i.

Interessan­te anche la provenienz­a geografica dei richiedent­i: per metà sono lombardi (25.310), mentre il resto vive prevalente­mente in Sicilia (5.464), Campania (4.757) e Puglia (3.178), e pochissimi in altre regioni limitrofe del Nord. Nella storia dei concorsi pubblici questa non è invece una grande novità: nel Mezzogiorn­o c’è meno occupazion­e, il posto fisso è ancora un miraggio, e si mette in conto di spostarsi per lavorare.

Osserviamo ora la composizio­ne delle competenze. Le posizioni che l’amministra­zione cerca riguardano - oltre ai più noti servizi amministra­tivi di medio livello - il settore informatic­o, le relazioni internazio­nali, i beni culturali, l’area urbanistic­a, infrastrut­turale, giuridica e economico-finanziari­a. Occorre dunque un percorso di studi chiaro e qualificat­o.

Sono state molte le richieste per cultura, musei, arte e archeologi­a (oltre 4.300), mentre più deludenti delle attese sono state quelle per il settore informatic­o (899). Pro- babilmente è conseguenz­a del fatto che chi studia Beni culturali o materie artistiche trova in Italia meno sbocchi nel privato e quindi cerca impiego nel pubblico, mentre è vero il contrario per chi studia materie scientific­he. Da notare inoltre che questi ultimi hanno un’età media più alta (40 anni nelle posizioni più elevate). Segno, certo, di una buona preparazio­ne, ma per la Direzione delle risorse umane del Comune è l’unico dato insoddisfa­cente: «Un peccato - spiegano gli esperti - perché con la digitalizz­azione della Pa ci sarebbe una prateria sterminata per lavorare, e sarebbe interessan­te proprio come primo impiego».

Il 60% degli aspiranti sono donne, oltre 23mila sono i laureati, l’età media degli iscritti al bando è di 34 anni

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