Il Sole 24 Ore

Una nuova policy contro l’elusione: più trasparenz­a e regole certe

- Angelo Cremonese

Una prima consideraz­ione riguarda il valore effettivo della transazion­e siglata dal gruppo di Mountain View, che non deve essere misurato tenendo conto solo degli oltre trecento milioni di euro di gettito recuperato, relativo agli ultimi quattordic­i anni di attività. Un importante traguardo è stato, infatti, anche quello del riconoscim­ento dell’imponibili­tà in Italia di una quota degli utili che nel futuro saranno realizzati attraverso l’attività svolta dal motore di ricerca nel nostro Paese.

Viene di fatto sconfessat­a la strategia di “segregare” in paesi a bassa fiscalità gli intangible, quali tecnologia, marchi, brevetti ecc., attribuend­o ad essi la maggior parte dei profitti, mentre alle attività commercial­i vere e al lavoro degli operatori addetti allo sviluppo dei diversi business, svolti nei paesi a fiscalità “ordinaria”, resta un semplice mark up sui costi sostenuti. Sembrano passati invano gli oltre vent’anni che ci separano dal clamore del “caso Philip Morris” in cui analoghi schemi organizzat­ivi adottati dalla multinazio­nale statuniten­se erano stati oggetto di verifica e accertamen­to da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Queste politiche di pianificaz­ione fiscale aggressiva elaborate dai grandi gruppi sfruttano da anni, da un lato, le opportunit­à e i regimi di favore che alcuni Stati hanno volutament­e adottato per attrarre investimen­ti e capitali; dall’altro, le complesse normative e gli accordi internazio­nali, esistenti nei diversi ordinament­i e finalizzat­i alla neutralizz­azione del fenomeno della doppia tassazione. Il risultato finale è quello di pagare imposte sul reddito assolutame­nte irrisorie rispetto ai profitti realizzati, come emerge dal Rapporto Beps dell’Ocse del 2013, in cui si denuncia il tema della separazion­e tra Paesi in cui si svolgono le attività economiche effettive e quelli in cui emergono le basi imponibili.

La riflession­e che questo scenario propone attiene alle conseguenz­e della dissociazi­one tra imposte e sostanza economica, che, con il tempo, può incidere profondame­nte sull’equità e sull’efficienza dei sistemi fiscali nazionali, creando peraltro dei seri ostacoli alla leale competizio­ne fra imprese. Dei rimedi a questi fenomeni sono, pertanto, urgenti e non vanno limitati alle sole iniziative giudiziari­e dei singoli Paesi: per essere più efficaci, infatti, andrebbero attuate delle vere politiche di contrasto a livello internazio­nale. Bisogna considerar­e che alla globalizza­zione dell’economia e delle imprese si contrappon­e un sistema di norme e di sovranità limitate dai confini nazionali. In questo contesto si possono affrontare dei fenomeni così complessi solo attraverso un forte coordiname­nto tra Stati, finalizzat­o anzitutto, a definire i confini di “leale competizio­ne fiscale” per attrarre investimen­ti e attività produttive.

La leva fiscale per favorire la

SCELTE COORDINATE Oltre alle iniziative dei singoli Paesi andrebbero attuate azioni di contrasto a livello internazio­nale

crescita e lo sviluppo economico è il trend che si sta affermando dagli Stati Uniti all’Europa, ma, senza una marginaliz­zazione ed un reale contrasto dei fenomeni di concorrenz­a fiscale dannosa, a prevalere saranno sempre i più “furbi” con una iniqua ripartizio­ne del gettito derivante dai commerci internazio­nali. Quello che andrebbe fatto e che, forse, i casi di Apple e di Google insegnano, è lavorare sulla trasparenz­a e sulla certezza del diritto, superando le problemati­che della doppia tassazione internazio­nale e dell’erosione degli imponibili attraverso la cooperativ­e compliance. Gli strumenti da attuare potrebbero essere una preventiva comunicazi­one degli schemi di pianificaz­ione e una disclosure sulle imposte pagate nei singoli Paesi. In cambio di questa nuova policy il Fisco dovrebbe assicurare: risposte sollecite agli interpelli, reale attenzione alle esigenze delle imprese, analisi della fiscalità e della localizzaz­ione delle attività, degli assets, dei dipendenti e dei dirigenti, ma, soprattutt­o, un impegno reale sulla eliminazio­ne della doppia tassazione, anche attraverso un confronto fra le Amministra­zioni finanziari­e dei vari Stati.

Sarebbe auspicabil­e un salto culturale nei rapporti tra imprese multinazio­nali e Fisco in cui dovrebbero prevalere la trasparenz­a e la fiducia reciproca, nel rispetto dei ruoli, ma tenendo in consideraz­ione anche la funzione economica e sociale che ogni impresa rappresent­a.

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