Così si è spezzato il «sandwich» olandese
pT assare gli utili prodotti d’ora in poi in Italia. È questo il risultato più importante dell’accordo siglato ieri tra Google e agenzia delle Entrate dopo oltre un anno di trattative. L’“accertamento con adesione”, ha spiegato la stessa Agenzia, punta a «risolvere le potenziali controversie relative alle indagini fiscali, condotte dalla Guardia di finanza e coordinate dalla Procura della Repubblica di Milano, relative al periodo tra il 2009 e il 2013. Google pagherà nel complesso oltre 306 milioni di euro, comprensivi anche degli importi riferibili al biennio 2014 e 2015 e a un vecchio contenzioso relati- vo al periodo 2002-2006. Con Google sarà inoltre avviato un percorso per la stipula di accordi preventivi per la corretta tassazione in Italia in futuro delle attività riferibili al nostro Paese». Come accaduto per Apple, anche per la multinazionale di Mountain View sarà dunque sottoscritto un Advanced pri- ced agreement (Apa) che consentirà di determinare con esattezza la base imponibile della società italiana. «Si è aperto un dialogo con Google – ha ricordato il direttore dell’agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi – che si è impegnata ad attivare una procedura di ruling, secondo le regole Ocse, per tassare i proventi prodotti» in Italia.
«Dei 306 milioni di euro – ha spiegato invece un portavoce di Google, che è stata assistita da Bonelli Erede, con un team coordinato dal managing partner Stefano Simontacchi– oltre 303 milioni sono attribuiti a Google Italy e meno di 3 milioni a Google Ireland. Google conferma il suo impegno nei confronti dell’Italia e continuerà a lavorare per contribuire a far crescere l’ecosistema online del Paese». L’accordo con il Fisco riconosce l’esistenza di una stabile organizzazione, ma solo fino al 2013, e solo per un piccolo pezzo delle attività di Youtube relativo alle aste. In pratica, meno dell’1% del valore della transazione. Google si è impegnata a presentare all’Agenzia delle Entrate un’istanza di ruling nel quale verranno definiti correttamente i prezzi di trasferimento per arrivare a stabilire la reale base imponibile. In questo senso la società di Mountain View modificherà il proprio business model per fare in modo che l’Italia diventi distributore di servizi per i grandi clienti. Una parte più consistente del business passerà dunque dall’Italia.
A livello globale il sistema finora utilizzato da Google per ridurre la base imponibile era il “Double Irish with a Dutch Sandwich”, un meccanismo di “ottimizzazione fiscale” utilizzato anche per altri paesi. Il cliente italiano versava i soldi per gli spazi pubblicitari acquistati su Google a una società irlandese, la Google Ireland Ltd, che a sua volta versava delle royalties per i diritti intellettuali a una entità olandese, la Google Netherlands Holdings Bv. A questo punto i soldi tornavano in Irlanda nelle casse della Google Ireland Holdings, che poi li trasferiva a due società delle Bermuda, paradiso fiscale dove non esistono imposte sugli utili societari. Da domani, grazie anche al tax ruling, ci saranno più certezze.
Chiuse le pendenze fiscaliamministrative, per Google resta ancora aperto il fronte penale. Il sostituto procuratore di Milano, Isidoro Palma, ha avviato un’indagine per omessa dichiarazione dei redditi. L’inchiesta è stata chiusa nel febbraio 2016 con cinque tra manager ed ex manager di Google indagati. L’intesa di ieri contribuirà ad alleggerire le loro posizioni.
IL FRONTE PENALE Cinque i manager di Google coinvolti nell’inchiesta milanese per omessa dichiarazione. L’intesa dovrebbe contribuire ad alleggerire le loro posizioni