Draghi: i problemi Ue si risolvono assieme
Il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, è intervenuto ieri ribattendo ad alcune delle critiche più ricorrenti degli euroscettici all’integrazione europea, sostenendo che è proprio una maggior integrazione che consentirà all’Europa di mantenere il suo ruolo globale e respingendo l’accusa all’unione monetaria di essere la causa della bassa crescita in alcune parti dell’eurozona.
Un discorso politico - a tre giorni dalle presidenziali francesi, dove l’esponente di maggior spicco degli euroscettici, Marine Le Pen, è uno dei due contendenti al ballottaggio - ma che è sembrato indirizzato anche alle polemiche da oltre Manica da parte dei sostenitori di Brexit, l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea.
Draghi, ricevendo a Losanna un premio dalla fondazione intitolata a Jean Monnet, uno dei “padri” della costruzione europea, ha sostenuto che per i Paesi europei lavorare insieme è ancor più necessario che nei decenni passati. «In un mondo in cui il peso relativo dell’Europa si sta riducendo e dove la tecnologia, l’ambiente e il mercato oltrepassano i confini nazionali, le ragioni per agire insieme come modo di riguadagnare efficacia è più forte che mai», ha detto Draghi, affermando che l’integrazione europea è esattamente un modo per «riguadagnare il controllo» di eventi che gli Stati nazionali, agendo da soli, non potrebbero più influenzare. L’espressione «riprendersi il controllo» è spesso usata dagli euroscettici sul Continente e dai sostenitori di Brexit in Gran Bretagna. L’Europa rappresenta oggi, ha ricordato il presidente della Bce, una quota più piccola dell’economia e della popolazione mondiale che in passato e proprio per questo deve mettere in comune le risorse e sfruttare le economie di scala dell’integrazione per poter continuare a recitare un ruolo globale. Draghi ha citato in modo particolare il tema del commercio internazionale, un’altra questione di recente molto controversa, per ricordare l’importanza del mercato unico e del maggior peso dell’Europa, rispetto ai singoli Paesi, nel fissare le regole globali.
Ma il banchiere centrale italiano ha tenuto anche a confutare l’idea che la bassa crescita di alcuni Paesi sia dovuta all’euro, convinzione che ha preso piede in Italia. «Abbiamo visto – ha detto Draghi – che per quei Paesi che hanno messo in atto riforme strutturali e adottato politiche di bilancio sane, la moneta unica non è stata una barriera al successo. Anzi, quelli che hanno perseguito le politiche giuste sono stati in grado di cogliere i benefici dell’euro in modo più efficace».
Se Draghi ha evitato di toccare temi di politica monetaria, una settimana dopo il consiglio che ha lasciato invariato il grado di stimolo, ci ha pensato il capo economista Peter Praet, in un discorso a Bruxelles, a chiarire che la riunione di giugno, quando saranno disponibili le nuove proiezioni economiche, sarà il momento di valutare i rischi dello scenario, che la Bce tuttora vede orientati al ribasso, ma si stanno riequilibrando.