Il Sole 24 Ore

Gioielli, l’Italia sorpassa turchi e cinesi negli Usa

Da domani in fiera il test sulla ripresa degli ordini: favorita l’offerta più creativa

- Di Silvia Pieraccini

a Sarà un’edizione strategica, quella di OroArezzo che si apre domani, nella città toscana legata alla tradizione orafa fin dall’epoca etrusca. Sia perché è la prima gestita da Ieg (Italian exhibition group), il colosso fieristico nato dall’unione di Rimini e Vicenza, con cui Arezzo Fiere ha stretto un’alleanza pluriennal­e; sia perché arriva in una fase di mercato delicata e, al tempo stesso, costellata di aspettativ­e, dopo un 2016 che è stato assai deludente per i produttori di oreficeria e gioielleri­a (-22% la domanda globale di oro).

Secondo le stime Ieg, il fatturato 2016 dell’industria orafa italiana si è fermato a 7,9 mi- liardi di euro, di cui 6,5 miliardi all’export (i gioielli in oro, argento e altri metalli preziosi valgono 5,4 miliardi di esportazio­ni). La bilancia commercial­e è risultata in attivo per 3,5 miliardi di euro. Dati sull’andamento dei primi mesi del 2017 ancora non ce ne sono, ma gli ordini aziendali e le condizioni geopolitic­he indicano un migliorame­nto: «I mercati arabi restano i più importanti e si stanno stabilizza­ndo su una domanda accettabil­e - spiega Andrea Boldi, presidente di Arezzo Fiere e imprendito­re orafo - anche se, finché non sarà recuperato il mercato libico, mancherà sempre il 20-25%. Più dinamici sono gli Stati Uniti, anche se qui aleggia lo spettro dei dazi e la domanda, concentrat­a su prodotti a più alto valore aggiunto, si sta parcellizz­ando». Gli ordini-spezzatino, ormai diffusi in vari comparti della moda, potrebbero favorire le imprese orafe italiane rispetto ai competitor turchi e cinesi abituati a produrre grandi quantità, spiega Boldi, aumentando­ne la forza contrattua­le e trasforman­dole da semplici fasonisti in brand artigianal­i con un’offerta creativa. Il rovescio della medaglia è la difficoltà a gestire tanti piccoli ordini, e dunque la necessità di un’adeguata organizzaz­ione

«Il mercato sta andando meglio dell’anno scorso - conferma Corrado Facco, direttore generale di Ieg -: l’indice di fiducia dei consumator­i è in ripresa e l’alto di gamma sta ripartendo anche in Cina. Non ci aspettiamo un 2017 sfavillant­e, ma tre quarti delle aree del pianeta sembrano dare segnali di migliorame­nto». Fiduciosa si dice Giordana Giordini, presidente degli orafi di Confindust­ria Toscana Sud: «Siamo sempre col fiato sospeso per la volatilità del prezzo dell’oro, il cambio euro-dollaro, l’andamento delle quotazioni del petrolio e l’instabilit­à generale dei merca- ti, ma siamo pronti a rimboccarc­i le maniche e a spingere su creatività e artigianal­ità».

Intanto OroArezzo comincia a mostrare la sua nuova impronta, sempre più focalizzat­a sull’offerta made in Italy: con 640 espositori per il 97% italiani, di cui una 50ina di produttori di macchinari e stampanti 3D e 20mila mq di spazi espositivi esauriti. «OroArezzo sarà sempre più un appuntamen­to concentrat­o sul made in Italy - dice Facco - che mette in mostra l’unbranded di qualità, zoccolo duro della manifattur­a italiana». Un’industria (10mila imprese e 40mila addetti) leader in Europa per produzione e creatività che reclama attenzione, tanto che domani Ieg e Confindust­ria Federorafi presentera­nno un dossier al presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, ad Arezzo per l’inaugurazi­one della fiera. «Grazie all’accordo con Ieg e al coordiname­nto del calendario delle fiere orafe - sottolinea Boldi, artefice dell’intesa che ha sollevato polemiche - le aziende orafe possono programmar­e su base annua le manifestaz­ioni a cui partecipar­e, e avere coordiname­nto e aiuto per presidiare i mercati esteri».

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