La soluzione resta il global shopping
a Non bastano gli incentivi del Governo al consumo locale né gli sforzi dei brand per creare collezioni ad hoc. Se da una parte nel quarto trimestre del 2016 e in gennaio 2017 gli acquisti di beni di lusso in Cina sono cresciuti del 30% – come segnala il report di febbraio Chinese Luxury Demand Momentum, realizzato da Contactlab con Exane Bnp Paribas – dall’altra i cinesi restano, insieme ai russi, i più accaniti “turisti per shopping”. Un dato confermato ieri da Global Blue per quanto riguarda il primo trimestre 2017. Alla base del fenomeno, come nel caso della Corea e di molti altri Paesi asiatici sempre più affamati di prodotti di alta gamma made in Italy, sono i prezzi più alti, a volte anche del 50% ( si veda l’articolo in pagina). Tra gennaio e marzo gli acquisti tax free in Italia sono saliti del 13% rispetto allo stesso periodo del 2016: i cinesi assorbono il 31% delle vendite e sono cresciuti del 12% con uno scontrino medio di 964 euro (+ 4%), più alto di quello dei russi (645 euro). Global Blue segnala poi il forte aumento dello shopping da parte di turisti provenienti da Corea (+10%) e da Taiwan (+23%) con uno scontrino medio che, nel primo trimestre 2017, ha registrato l'incremento maggiore (+ 9%) rispetto al 2016.
Ma torniamo ai listini fuori dall’Italia: alcune aziende hanno fatto ripetuti tentativi di livellarli. Nel 2015 Chanel annunciò di voler uniformare i prezzi delle borse in tutto il mondo, ad eccezione del Brasile, il Paese con i dazi più alti in assoluto. Nei mesi successivi però la strategia ha vacillato: sono stati necessari ritocchi “compensativi” ai listini europei e la maison ha mantenuto un basso profilo sul tema. Forse perché alla fine l’importante è che i cinesi comprino, a casa loro o nelle capitali europee poco importa. A maggior ragione se i dati mostrano che hanno ripreso a viaggiare per shopping.
– G. Cr.