Il Sole 24 Ore

L’oro sta passando di moda (anche) per le banche centrali

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Le banche centrali stanno perdendo interesse per l’oro: nel primo trimestre hanno accumulato appena 76,3 tonnellate di riserve auree a livello mondiale, l’incremento più basso da sei anni e meno della metà rispetto ai picchi del 2014. È il World Gold Council (Wgc) a registrare la frenata, osservando che il ritmo degli acquisti è in declino da qualche tempo e non dovrebbe riprenders­i nel corso del 2017. La parsimonia delle banche centrali – e in particolar­e di quella cinese, che secondo il Wgc «ha lasciato le riserve auree intatte da ottobre 2016» – è l’ennesimo fattore ribassista per l’oro, che dopo aver sfondato importanti supporti tecnici ieri è sceso ai minimi da metà marzo, a 1.225 dollari l’oncia. A pesare sono state soprattutt­o la riunione della Federal Reserve, che ha risvegliat­o l’attesa di un rialzo dei tassi di interesse a giugno, e l’attenuarsi dell’allarme sulle elezioni francesi, che ha tolto appeal ai beni rifugio. Ma quello delle riserve auree non è un elemento di debolezza secondario. Il settore ufficiale ha infatti avuto un ruolo decisivo nell’accendere le quotazioni dell’oro nello scorso decennio, avviando un lunghissim­o rally che le ha portate al record storico di 1920 $ nel 2011: dopo essere state a lungo una fonte di offerta, le banche centrali dal 2010 sono diventate acquirenti nette di oro, arrivando ad esprimere quasi il 15% della domanda totale. (S.Bel.)

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