Provider responsabili sulle violazioni di copyright
pIn tema di diritto d’autore, ai fini della decisione del giudice italiano, « assume rilievo decisivo il luogo dove l’evento lesivo si verifica o l’azione si compie». Quindi, sulla violazione del copyright non conta dove la società accusata abbia la sede legale, ma dove il danno si realizza, e nella fattispecie in Italia. E, in aggiunta a questo, gli operatori Internet sono responsabili anche quando sono utenti terzi a diffondere illecitamente contenuti coperti da diritto d’autore. Tanto più quando vengono utilizzati «sistemi operativi evoluti» direttamente finalizzati a mere «finalità di tornaconto economico».
Rti-Mediaset vince anche l’appello contro la società americana Break Media: «Uno dei più popolari distributori online di contenuti “humor” americani – si legge in una nota di Mediaset – ed è tra i brand più redditizi di Defy Media: un gruppo da 500 milioni di visualizzazioni al mese». Una vittoria messa nero su bianco nella sentenza 2833/2017 della Corte d’Appello di Roma - Sezione specializzata in materia d’impresa - pubblicata il 29 aprile. La decisione in appello segue il successo di Mediaset in primo grado con sentenza 8437 emessa dal Tribunale delle imprese di Roma il 15 marzo 2016.
Una decisione, questa della Corte d’appello capitolina, che il gruppo di Cologno guarda con favore anche in vista del giudizio di Cassazione sul caso che vede contrapposta l’azienda e l’americana Yahoo.
Nel caso che vede contrapposti Mediaset e Break Media tutto nasce dalla pubblicazione di 48 video di trasmissioni Mediaset sui canali del porta- le break.com.
Entrando nel dettaglio, la sentenza della Corte d’Appello di Roma chiarisce innanzitutto come l’attività svolta da Break Media «non può ritenersi limitata alla sola fornitura di un supporto tecnico per consentire agli utenti di accedere alla piattaforma digitale». Del resto l’attività di Break Media si caratterizzava per la «creazione e distribuzione di contenuti di intrattenimento digitali collegati alla selezione dei contenuti video che collocava nella home page distinguendoli per categorie precostituite secondo uno schema fruibile dall’utenza». Il tutto grazie alle attività di un «editorial team» de- dicato alla selezione di questi video «caricati con la finalità del l oro sfruttamento commerciale pubblicitario».
Insomma, un’attività da editore con una redazione che metteva ordine fra i video. Tutto questo «fa sorgere la responsabilità del provider, senza alcuna limitazione, in caso di fatti illeciti e violazione dei diritti di terzi, essendo ravvisabile un’attività volontariamente finalizzata a concorrere o cooperare col terzo nell’illecito».
In questo modo, a evidenziare una responsabilità della società americana c’è anche l’invio delle diffide da parte di Rti-Mediaset che ha determinato il nascere «delle condizioni per far sorgere in capo al provider un preciso obbligo di intervento protettivo e di rimozione dei contenuti illeciti segnalati». Quindi l’obbligo attivo di intervento da parte del provider non può essere messo in dubbio stante «la effettiva conoscenza, in seguito a segnalazione di Rti, della illiceità dei contenuti lesivi del diritto d’autore».
Infine, per la sentenza, in capo al titolare dei diritti non sussiste alcun obbligo normativo di informare la piattaforma di videosharing comunicando i singoli Url. Tanto più che l’operatore può ritenersi sufficientemente informato dalla comunicazione dei titoli delle opere televisive soprattutto se i video diffusi abusivamente riportano i marchi del titolare dei diritti. In primo grado, Break Media è stata condannata a pagare 115mila euro. L’importo è stato confermato.
L’INFORMAZIONE Per la Corte d’Appello di Roma il titolare dei diritti non ha alcun obbligo preventivo di fornire agli aggregatori gli «Url»