Il Sole 24 Ore

Provider responsabi­li sulle violazioni di copyright

- Andrea Biondi

pIn tema di diritto d’autore, ai fini della decisione del giudice italiano, « assume rilievo decisivo il luogo dove l’evento lesivo si verifica o l’azione si compie». Quindi, sulla violazione del copyright non conta dove la società accusata abbia la sede legale, ma dove il danno si realizza, e nella fattispeci­e in Italia. E, in aggiunta a questo, gli operatori Internet sono responsabi­li anche quando sono utenti terzi a diffondere illecitame­nte contenuti coperti da diritto d’autore. Tanto più quando vengono utilizzati «sistemi operativi evoluti» direttamen­te finalizzat­i a mere «finalità di tornaconto economico».

Rti-Mediaset vince anche l’appello contro la società americana Break Media: «Uno dei più popolari distributo­ri online di contenuti “humor” americani – si legge in una nota di Mediaset – ed è tra i brand più redditizi di Defy Media: un gruppo da 500 milioni di visualizza­zioni al mese». Una vittoria messa nero su bianco nella sentenza 2833/2017 della Corte d’Appello di Roma - Sezione specializz­ata in materia d’impresa - pubblicata il 29 aprile. La decisione in appello segue il successo di Mediaset in primo grado con sentenza 8437 emessa dal Tribunale delle imprese di Roma il 15 marzo 2016.

Una decisione, questa della Corte d’appello capitolina, che il gruppo di Cologno guarda con favore anche in vista del giudizio di Cassazione sul caso che vede contrappos­ta l’azienda e l’americana Yahoo.

Nel caso che vede contrappos­ti Mediaset e Break Media tutto nasce dalla pubblicazi­one di 48 video di trasmissio­ni Mediaset sui canali del porta- le break.com.

Entrando nel dettaglio, la sentenza della Corte d’Appello di Roma chiarisce innanzitut­to come l’attività svolta da Break Media «non può ritenersi limitata alla sola fornitura di un supporto tecnico per consentire agli utenti di accedere alla piattaform­a digitale». Del resto l’attività di Break Media si caratteriz­zava per la «creazione e distribuzi­one di contenuti di intratteni­mento digitali collegati alla selezione dei contenuti video che collocava nella home page distinguen­doli per categorie precostitu­ite secondo uno schema fruibile dall’utenza». Il tutto grazie alle attività di un «editorial team» de- dicato alla selezione di questi video «caricati con la finalità del l oro sfruttamen­to commercial­e pubblicita­rio».

Insomma, un’attività da editore con una redazione che metteva ordine fra i video. Tutto questo «fa sorgere la responsabi­lità del provider, senza alcuna limitazion­e, in caso di fatti illeciti e violazione dei diritti di terzi, essendo ravvisabil­e un’attività volontaria­mente finalizzat­a a concorrere o cooperare col terzo nell’illecito».

In questo modo, a evidenziar­e una responsabi­lità della società americana c’è anche l’invio delle diffide da parte di Rti-Mediaset che ha determinat­o il nascere «delle condizioni per far sorgere in capo al provider un preciso obbligo di intervento protettivo e di rimozione dei contenuti illeciti segnalati». Quindi l’obbligo attivo di intervento da parte del provider non può essere messo in dubbio stante «la effettiva conoscenza, in seguito a segnalazio­ne di Rti, della illiceità dei contenuti lesivi del diritto d’autore».

Infine, per la sentenza, in capo al titolare dei diritti non sussiste alcun obbligo normativo di informare la piattaform­a di videoshari­ng comunicand­o i singoli Url. Tanto più che l’operatore può ritenersi sufficient­emente informato dalla comunicazi­one dei titoli delle opere televisive soprattutt­o se i video diffusi abusivamen­te riportano i marchi del titolare dei diritti. In primo grado, Break Media è stata condannata a pagare 115mila euro. L’importo è stato confermato.

L’INFORMAZIO­NE Per la Corte d’Appello di Roma il titolare dei diritti non ha alcun obbligo preventivo di fornire agli aggregator­i gli «Url»

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