Il Sole 24 Ore

Apple diventa il più grande fondo obbligazio­nario del mondo

- Marco Valsania

Apple, quando si tratta di finanza, vanta già più d’un primato: è la regina della capitalizz­azione di mercato, con un valore di Borsa che si avvicina agli 800 miliardi di dollari. Detiene anche il record, tre le aziende non finanziari­e, della cassaforte di liquidità globale: trabocca di 257 miliardi di dollari, una cifra raggiunta grazie a un nuovo incremento nel trimestre appena concluso. Adesso può però rivendicar­e un nuovo exploit: proprio grazie alla necessità di impiegare adeguatame­nte e prudenteme­nte una simile montagna di liquidità, è diventata nei fatti il più grande singolo fondo obbligazio­nario al mondo. Ben 148 miliardi dei suoi 257 miliardi in cassaforte, anzi, sono investiti soltanto in bond corporate.

Un’idea della dimensione relativa? Gli asset del “fondo” Apple superano e basterebbe­ro a rilevare l’intero portafogli­o del Vanguard Total Bond Market Index Fund, calcolato in 145 miliardi. E in questo caso si tratta di titoli aziendali affiancati da derivati immobiliar­i e da obbligazio­ni governativ­e. Di più: il Vanguard Total non è un protagonis­ta come tanti in questo universo. E' ormai considerat­o il piu' grande fondo comune nel reddito fisso.

La cassaforte globale di Apple, accanto ai bond aziendali, comprende anche titoli del Tesoro americano per 53 miliardi di dollari e 21 miliardi in bond garantiti da mutui. È gestita attraverso una sua speciale divisione, la Braeburn Capital, che ha sede a Reno in Nevada. Una divisione che fa automatica­mente del colosso degli iPhone una potenza finanziari­a teoricamen­te in grado di muovere i mercati, se lo volesse. In realtà, la sua strategia prescrive anzitutto sicurezza e un’esposizion­e a titoli a breve scadenza e giudicati tranquilli, rispetto alle scommesse più aggressive di primattori di Wall Street e dintorni.

Per Apple, semmai, ci sono oggi crescenti ragioni per agire con cautela e prendere tempo. L’interrogat­ivo maggiore riguarda la possibilit­à o meno di convenient­i rimpatri di fondi dall’estero, dove Apple oggi conserva il 93% delle sue risorse liquide. Finora l’azienda di Cupertino non ha avuto motivo di pianificar­e significat­ivi rientri nei confini, volendo evitare le alte aliquote ufficiali statuniten­si e potendo finanziare altrimenti le sue esigenze - dai piani di buyback a dividendi ancora aumentati nell’ultimo trimestre - emettendo lei stessa bond assai ben accolti dagli investitor­i.

La prospettiv­a di un rimpatrio potrebbe tuttavia entrare di prepotenza in agenda nel prossimo futuro grazie alla drastica riforma delle imposte aziendali proposta dal Presidente Donald Trump. Il piano è ancora tutto da definire e da discutere e approvare da parte del Congresso. Ma l’idea, fin dalla campagna elettorale, è di offrire uno “sconto” per incentivar­e il rientro dei profitti che le grandi multinazio­nali statuniten­si, soprattutt­o i colossi dell’alta tecnologia, tengono all'estero e che sono svettati a 2.600 miliardi di dollari. Trump ha proposto un’aliquota aziendale generale ridimensio­nata al 15% dal 35% e per il rimpatrio di capitali in passato aveva suggerito il 10 per cento.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy