Il Sole 24 Ore

Se cambiano le scelte Bce

La Bce potrebbe resistere al pressing per la rimozione rapida del Qe

- di Alessandro Merli

Il brusco ribasso del prezzo del petrolio, e delle altre materie prime, nella settimana che si è appena conclusa può complicare le prossime decisioni della Banca centrale europea, ma difficilme­nte la sposterà dalla rotta che sembra avere individuat­o per i prossimi mesi.

Il calo delle quotazioni dell’energia può rappresent­are un elemento di pressione al ribasso per i prezzi dell’eurozona (così come un apprezzame­nto dell’euro), ma la Bce ha detto in più occasioni negli ultimi tempi di voler guardare al di là di fattori temporanei e ha sottolinea­to una crescente attenzione per l’inflazione di fondo, depurata degli elementi più volatili, come appunto il prezzo del petrolio e quello degli alimentari. E del resto, nelle previsioni dei suoi economisti, che verranno riviste in tempo per il consiglio di giugno, un ribasso nei prossimi mesi è già atteso. L’inflazione, che nel mese di aprile, secondo le prime stime, è stata dell’1,9%, dovrebbe oscillare attorno all'1,5% per il resto dell’anno, ha detto giovedì il capo economista della Bce, Peter Praet, prima di riprendere una gentile ascesa verso livelli più vicini al 2% nei due anni successivi. L’inflazione di fondo, all’1,2% in aprile dopo lo 0,7%, quasi un minimo storico, di marzo, dovrebbe a sua volta seguire una traiettori­a al rialzo che la porterà in linea con l'inflazione generale, secondo Praet, nel 2019, ma procederà in modo lento. Una tendenza convincent­e al rialzo non c’è, ha detto l’economista.

Se il ribasso del petrolio contribuir­à a rallentare ulteriorme­nte l’ascesa dell’inflazione, questo potrebbe aiutare il presidente della Bce, Mario Draghi, e la maggioranz­a del consiglio a resistere più facilmente alle sollecitaz­ioni di quei consiglier­i che vorrebbero una rimozione in tempi più rapidi dello stimolo monetario. Peraltro, il calo dell’energia ha anche un effetto contrario, quello di aumentare il reddito disponibil­e per imprese e famiglie e quindi spingere la crescita. È su questo fronte che per ora la Bce sembra avere maggiori certezze, grazie a un’espansione dello 0,5% nel primo trimestre dell’anno e indicazion­i dai sondaggi secondo cui anche il secondo trimestre è cominciato bene. I rischi al ribasso indicati finora dalla Bce si stanno insomma riequilibr­ando, ha ammesso lo stesso Praet.

Questo dovrebbe significar­e, come ha evidenziat­o il discorso di Praet giovedì, che alla riunione di giugno il consiglio, che a quel punto avrà a disposizio­ne le nuove previsioni, potrebbe decidere di valutare di nuovo la situazione. E, si presume, modificare intanto il linguaggio della sua comunicazi­one, per poi spiegare, probabilme­nte a settembre, cosa intenda fare nel 2018. Gli acquisti di titoli del Qe sono programmat­i al ritmo attuale di 60 miliardi di euro mensili fino a dicembre, dopo di che è attesa una riduzione graduale (tapering) fino a zero, e successiva­mente, in tempi che potrebbero essere anche più brevi del previsto, come ha suggerito ieri Praet, un rialzo progressiv­o dei tassi d'interesse.

Un altro elemento può giocare nelle consideraz­ioni della banca centrale ed è l’andamento del cambio: l’euro viene da quattro settimane consecutiv­e di rialzi e si è attestato stabilment­e sopra 1,09 dollari. La vittoria di Emmanuel Macron alle presidenzi­ali francesi di domani potrebbe spazzar via i rischi di una rottura dell’euro creati dalle intenzioni della sua rivale, Marine Le Pen, e quindi imprimere un’ulteriore spinta rialzista all'euro. Nella stessa direzione andrebbe un voto favorevole al cancellier­e tedesco Angela Merkel nelle regionali di domani nello SchleswigH­olstein. E un euro in rialzo avrebbe a sua volta un effetto moderatore sull’inflazione. La Bce ne terrà conto, anche se non si stanca di ripetere che il cambio non è un obiettivo della politica monetaria e, salvo scossoni, anche questo non dovrebbe essere un elemento decisivo per modificare la rotta dell’istituto di Francofort­e.

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