Il Sole 24 Ore

Quel desiderio di famiglia che va reso possibile

- Di Nunzio Galantino

La notizia della celebrazio­ne, il prossimo 15 maggio, della XXIII Giornata internazio­nale della famiglia indetta dall’Onu su “Famiglie, educazione e benessere” potrebbe essere l’occasione per liberare la realtà familiare dalle angustie nelle quali troppe volte viene ricacciata; per mancanza di realismo ma anche per una eccessiva dose di ideologism­o che ormai accompagna ogni legittimo confronto. L’iniziativa Onu ci dice innanzitut­to che la sfida educativa che i papà e le mamme si trovano oggi ad affrontare riguarda davvero tutti, quasi costringen­doci a farci tutti artigiani della «cultura dell’incontro», come suggerisce Papa Francesco. Quando infatti si vivono relazioni significat­ive da parte di tutti e a tutti i livelli, nessuna realtà, seppur problemati­ca, viene marginaliz­zata. Ognuna interpella e ognuna viene interpella­ta. Che pensare allora della cronica “distrazion­e” che accompagna la realtà familiare? Che dire della fatica che tanti giovani decisi a sposarsi incontrano per rendere feconda la loro unione aprendosi alla vita? Sembra che questo tipo di difficoltà non interessin­o a nessuno! Nelle agende politiche si trovano risorse per tutto ma si fa fatica a trovarne per il sostegno alla famiglia. Eppure H.U. von Balthasar affermava che, «se si potessero togliere col pensiero dall’atto d’amore tra uomo e donna i nove mesi di gravidanza e cioè il tempo, il bambino sarebbe già presente nell’abbraccio generativo-ricettivo; questo sarebbe a un tempo l’amore vicendevol­e nel suo compimento e il frutto che lo oltrepassa». Un frutto che rende feconda anche la società! Una società sempre più tristement­e sterile. Eppure tanti coniugi che sono l’anima del nostro Paese sembrano proprio non arrendersi. E giorno dopo giorno educano i propri figli. Spesso, senza ricevere sostanzial­i aiuti dallo Stato, li fanno diventare buoni cittadini. Sono proprio queste famiglie che, aldilà di ogni fragilità o nel bel mezzo di esse, crescono nelle varie stagioni della vita coniugale e fanno ben sperare. La verità è che sono davvero tante, sicurament­e la maggior parte, le famiglie che vivono le varie difficoltà quotidiane, ma continuano ad amarsi e a contagiare felicità. La “normalità” della loro vita sembra autorizzar­e il disinteres­se della politica e i cercatori dello “straordina­rio a tutti i costi”.

Sono state queste le percezioni che ho avvertito incontrand­o ad Assisi, la scorsa settimana, i 500 partecipan­ti al Convegno Nazionale organizzat­o dall’Ufficio Famiglia della Cei. Ero stato chiamato per un confronto con il Prof. Alberto Melloni, storico del Cristianes­imo, sul tema «Strade di felici- tà per uomini e donne del XXI secolo». Non nascondo che, davanti all’invito a parlare di felicità, i primi pensieri che affollavan­o la mia mente erano le concrete difficoltà del fare famiglia oggi: la precarietà e la mobilità lavorativa, la freneticit­à dei ritmi quotidiani, l’isolamento che si avverte quando sopraggiun­ge una crisi di coppia, la complessit­à di educare nell’attuale contesto culturale e il patto da rifondare tra famiglia e scuola. Quando invece ho sentito la testimonia­nza di Angela e Michele, di San Severo, e soprattutt­o il sorriso di quel marito che, dopo 46 anni di matrimonio, diceva: «per me Angela è come l’aria; se lei manca, io resto senza ossigeno», ho compreso – io che sono poco o per niente romantico, purtroppo - che la felicità è uno sguardo che sa andare oltre gli elementi di criticità. Quei due settantenn­i avevano saputo trasformar­e la dolorosa esperienza dell’infertilit­à e la conseguenz­a di non poter avere figli, generando nella loro coppia una fecondità nuova: la cura premurosa per giovani che si avviano alle nozze. Sono diventati il volto di una Chiesa Madre per tanti giovani disposti a scommetter­e seriamente sulla “vita a due”. Certo, «chi vive intensamen­te la gioia di sposarsi non pensa a qualcosa di passeggero»; il “per sempre” che porta a decidere di “metter su famiglia” ha bisogno però dei necessari sostegni per costruirsi di giorno in giorno. La sensazione di solitudine rischia, oggi più che mai, di trasforma- re ogni piccola crisi nella tentazione di cedere e incrinare la relazione coniugale. Quanta strada c’è ancora da fare per scoprire le tante differenze presenti all’interno della coppia come opportunit­à per sperimenta­rne la ricchezza, come quella del maschile e del femminile da coniugare insieme. È quello che affermavan­o, in una seconda testimonia­nza, Karim e Francesca. Lui, musulmano, è il primo maestro che il Governo di Tunisi ha inviato alla scuola elementare per le famiglie tunisine che vivono a Mazzara del Vallo. Lei, cattolica, è assistente sociale presso il Consultori­o della Asl. Si sono sposati con rito misto nel 1986 con la convinzion­e, raccontava Karim, che «sposando lei non mi sarei fermato alla sua cultura, ma avrei cercato l’essenza della sua persona». Così, ai miei occhi, questa coppia di sposi sono diventati l’incarnazio­ne di un sogno: quello di una società che, abitata da varie etnie, possa esprimere la fraternità fra i popoli. Un sogno che ad alcuni appare come un incubo; e tale vogliono che lo considerin­o anche persone mediamente intelligen­ti, sensibili e informate. La questione infatti è che c’è ancora tanto desiderio di famiglia e la felicità di tanti giovani consiste nel realizzare il loro progetto. Da parte di tutti, si tratta di far crescere una società in cui questo sogno diventi possibile.

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