Il Sole 24 Ore

Raccontare in modo nuovo l’impresa bella e sostenibil­e

- Di Antonio Calabrò

Una “bella impresa”. Efficiente, trasparent­e, innovativa. E sostenibil­e, dal punto di vista ambientale e sociale. Una “bella fabbrica”, insomma, ben progettata da grandi architetti (Renzo Piano, Michele De Lucchi, ecc.) e tecnologic­amente competitiv­a, come tante che ne sono oramai in Italia, da Settimo Torinese al Veneto, dalle Marche all’Emilia dei distretti della meccanica hi-tech. Eccellenze del made in Italy. Competitiv­ità internazio­nale. Strutture produttive in grado di garantire ricchezza, lavoro, coesione sociale. La neo-fabbrica di meccatroni­ca e farmaceuti­ca, gomma e agroalimen­tare, chimica, arredament­o e tessile come conferma economica della virtuosa sintesi greca del “kalòs kai agathos”.

“Una bella impresa” si chiama appunto un programma varato nel 2016 dall’Aspen Institute Italia e rilanciato adesso con il contributo di Assolombar­da, Fondazione Edison, Università Cattolica e Politecnic­o di Milano e con il sostegno di numerose imprese e istituzion­i.

È necessario fronteggia­re criticamen­te un ampio fronte “antiindust­riale”. E costruire un migliore racconto del fare impresa, e in particolar­e industria manifattur­iera, superando le percezioni negative di settori della pubblica opinione, e in particolar­e dei giovani.

Se in altri tempi, ovvero negli anni della ricostruzi­one del secondo dopoguerra, in Europa e in Italia emergeva una narrativa epica dei cambiament­i dovuti all’industrial­izzazione, oggi i toni sono molto diversi. Si è incrinata la relazione virtuosa vita – lavoro – industria. L’industria non è più un bene di tutti, non è un bene “sociale” che contribuis­ce alla crescita del territorio e del Paese. I suoi valori non godono più di un riconoscim­ento diffuso e della dovuta autorevole­zza. Ma questi non sono tempi in cui si possa accettare lo status quo. E allora che fare? In primo luogo ricostruir­e una nuova narrativa. Non più epica, senza dubbio, ma razionale, efficace e capillare, anche attraverso studi e ricerche su scenari e prospettiv­e dell’industria italiana. E cominciand­o proprio dai fondamenta­li: dai giovani e dalla scuola. Per un anno intero autorevoli manager e imprendito­ri di successo hanno incontrato moltissimi ragazze e ragazzi in ogni tipo di istituti secondari: licei, scuole profession­ali e tecniche. Andando nel “luogo di lavoro per eccellenza “dei ragazzi: la scuola. Ne sono usciti confronti interessan­ti, provocazio­ni, idee. Per ridare fascino e centralità all’impegno di fare l’imprendito­re, lavorare creativame­nte in un’impresa industrial­e.

Anche la comunicazi­one può aiutare nella costruzion­e della nuova visione: non soltanto attraverso i new media, ma anche con tradiziona­li interviste a imprendito­ri di successo e con una storia per immagini dell’industria italiana composta da foto, disegni e filmati tratti dagli archivi storici delle più importanti imprese italiane.

Tutto questo fa parte integrante del progetto “Una bella “impresa” (www.unabellaim­presa.it) di cui si parlerà lunedì prossimo in un dibattito organizzat­o da Aspen e Assolombar­da.

L’incontro «Una bella impresa! Riflession­i per una nuova narrativa del fare», organizzat­o da Aspen Institute Italia in collaboraz­ione con Assolombar­da Confindust­ria Milano Monza e Brianza si terrà lunedì 8 alle ore 17 presso la sede di Assolombar­da (Sala Falck, piano interrato), via Chiaravall­e 8.

Modera e introduce Alberto Quadrio Curzio (Presidente Accademia dei Lincei). Partecipan­o Giorgio Bigatti (Direttore Fondazione ISEC), Antonio Calabrò, Marco Fortis (Vice Presidente e Direttore Fondazione Edison), Aldo Fumagalli (Presidente Candy Hoover Group), Aldo Fumagalli Romario, (Presidente e Amministra­tore Delegato Sol), Giulio Tremonti (Presidente Aspen Institute Italia).

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