Il Sole 24 Ore

Rosneft sconta tagli Opec e rublo forte

- A.S.

pLa ripresa dei prezzi del petrolio non aiuta Rosneft: paradossal­mente, è proprio questa la ragione per cui il colosso russo del greggio ha presentato ieri un aumento dei profitti - relativame­nte al primo trimestre - inferiore alle attese. Quello che è entrato di più in cassa è stato assottigli­ato dalla forza della moneta russa.

Il petrolio in aumento - sulla scia delle rassicuraz­ioni saudite riguardo all’estensione dei tagli alla produzione a sostegno dei prezzi globali - rafforza il rublo. E questo incide sulle entrate in dol- lari dei grandi esportator­i come Rosneft. Anche se, dall’altra parte, li aiuta a ridurre i debiti in valuta. E tuttavia, malgrado l’aumento della varietà Ural - il prezzo di un barile cresciuto del 62% - su Rosneft ha prevalso l’impatto negativo dell’andamento del rublo: tradotto in rubli, l’aumento è stato solo del 28%. «Lo scenario resta difficile - ha sintetizza­to Igor Sechin, Ceo della compagnia russa -. La persistent­e volatilità dei mercati delle commoditie­s, l’apprezzame­nto del rublo: tutto questo si ripercuote sui risultati finanziari» di Rosneft.

Su base annua, l’utile netto è così cresciuto dell’8,3% a 13 miliardi di rubli (221,4 milioni di dollari), là dove ci si attendeva un risultato di 22 miliardi. I ricavi sono aumentati del 34,5% a 1.400 miliardi, riflesso dei prezzi superiori al primo trimestre 2016. Nello stesso periodo la produzione di petrolio e gas condensato è aumentata su base annua del 13%, a 4,62 milioni di barili al giorno, riducendos­i però di 70mila barili al giorno rispetto a ottobre, in linea con l’accordo Opec.

Sechin non ha mai nascosto la propria perplessit­à sui tagli pro- duttivi che il cartello Opec ha iniziato ad applicare in gennaio: i produttori torneranno a riunirsi questo mese per decidere un’estensione delle intese, a cui il governo russo ha dato il proprio sostegno esterno.

Lo scorso dicembre Rosneft aveva venduto una quota del 19,5% della compagnia al fondo sovrano del Qatar e alla compagnia mineraria Glencore, grazie a un maxipresti­to di 5,2 miliardi di euro garantito da Intesa Sanpaolo.

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